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8 epistola dedicatoria
DECLAMAZIONE

al studioso, divoto e pio lettore


Ohimè, auditor mio, ché senza focoso suspiro, lubrico pianto, e tragica querela, con l’affetto, con gli occhi e le ragioni non può rammentar il mio ingegno, intonar la voce, e dichiarar gli argumenti, quanto sia fallace il senso, turbido il pensiero, ed imperito il giudizio, che con atto di perversa, iniqua e pregiudiziosa sentenza non vede, non considera, non definisce secondo il debito di natura, verità di ragione e diritto di giustizia circa la pura bontade, regia sinceritade e magnifica maestade della santa ignoranza, dotta pecoraggine e divina asinitade? Lasso! a quanto gran torto da alcuni è sì fieramente esagitata quest’eccellenza celeste tra gli uomini viventi, contro la quale altri con larghe narici si fan censori, altri con aperte sanne si fan mordaci, altri con comici cachinni si rendono beffeggiatori, mentre ovunque spregiano, burlano e vilipendono qualche cosa, non li odi dir altro che: «costui è un asino, quest’azione è asinesca, questa è una asinitade»; stante che ciò assolutamente convegna dire dove son più maturi discorsi, più saldi proponimenti e più trutinate sentenze! Lasso! perché con rammarico del mio core, cordoglio del spirito ed aggravio de l’alma mi si presenta a gli occhi questa imperita, stolta e profana moltitudine, che sì falsamente pensa, sì mordacemente parla, sì temerariamente scrive per partorir que’ scellerati discorsi di tanti monumenti, che vanno per le stampe, per le librarie, per tutto, oltre gli espressi ludibrj, dispregi e biasimi, l’asino d’oro, le lodi de l’asino, l’encomio de l’asino; dove non si pensa altro che con ironiche sentenze prendere la gloriosa