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le mura, e dove fu raggiunto dai duchi di Savoja e di Genova e degli altri generali.

«Il rumore delle armi era compiutamente cessato; il fuoco dei bivacchi cominciava; regnava tutto all’intorno del Re un silenzio profondo, interrotto ancora da qualche rara fucilata degli avamposti. Circa le sei il Re mi disse di cercargli il ministro Cadorna e di andarlo a raggiunger con lui al palazzo Bellini, dove intendeva di ritirarsi. Compresi che si avvicinava il momento di quel grand’atto, che da qualche parola sfuggitagli, durante la battaglia, argomentai dover essere quello dell’abdicazione. Rientrai in Novara, dove alcuni soldati indisciplinati e scontenti commettevano eccessi deplorabili, ma per lo più inevitabili nelle grandi catastrofi militari. Trovato il Cadorna, e andati al palazzo, il Re dichiarava a lui, al generale Cossalo, al marchese Lamarmora, suo ajulante di campo, e a me, presenti, ch’era suo intendimento di abdicare, e che a questo fine si convocassero tosto i tenenti generali dell’esercito, innanzi ai quali volea farne la dichiarazione solenne e presentare il nuovo Re Vittorio Emanuele. Così venne fatto. La prima richiesta ch’egli ci fece, fu se credevamo ancora possibile continuare la resistenza e la guerra. Nessun dei generali osò affermarlo. Respinti a Mortara e Vigevano, battuti a Novara, occupata o minacciata davvicino la strada retta che da Novara conduce a Torino, colla sola via libera verso Arona e Biella, era evidente che non avevamo più basi di operazione sicure, e che a male pena e mediante un armistizio di una settimana ci sarebbe concesso ricondurre l’armata dietro la Stura o a Torino. Perduta ancora una battaglia, ed era certo, tutto il Piemonte era perduto; perduta la libertà, e così differita, Dio sa a quando, la redenzione d’Italia. Il Re, dopo avere udite le nostre dichiarazioni e dopo una breve allocuzione in cui rammemorava con voce calma ed uguale il suo lungo regno di 18 anni, le opere che aveva intraprese per la libertà e l’indipendenza d’Italia, la necessità in cui si vedeva d’abdicare affine di togliere colla sua persona un pretesto agli Austriaci di continuare la lotta ineguale e così di compromet-