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nista finì di apprendere la religione del sacrificio quando nel 1844 fu inalzato in Cosenza il vessillo tricolore ed egli vide morire, in combattimento da prima, quindi sul patibolo, tanti generosi, tra i quali contava alcuni de’ suoi più intimi amici.

Si sa come quell’audacissimo fatto eccitasse i fratelli Bandiera ed i diciotto loro compagni a scendere in Calabria onde ajutare l’insurrezione; l’esito infelice di quell’impresa non fu certo perduto per la causa italiana, inquantochè i Veneziani, i Romagnoli, i Marchigiani e i Lombardi che ne facevano parte lasciarono in quelle meridionali provincie d’Italia molta eredità di compianto e d’affetti, facendo sorgere in certo modo più palpabilmente l’idea del bisogno della fratellanza e deli’unificazione italiana.

Da quel momento in poi il nostro protagonista non ristette mai un istante dal prender parte a tutte quelle cospirazioni, le quali miravano alla redenzione d’Italia. S’immischiò nelle congiure che misero capo alle insurrezioni di Reggio e Messina nel settembre 1847, ed a quella anche più portentosa di Palermo nel gennajo 1848.

Abolita colle barricate del 15 maggio la costituzione, le Calabrie sorsero in armi, ed il Miceli fu nominato segretario del comitato di salute pubblica in Cosenza. Negli ultimi giorni di quella rivoluzione, incominciata coi più lieti auspicî, egli lasciò il comitato e prese le armi; ma riusciti vani gli sforzi dei patrioti e soggiaciuto il movimento. Miceli insieme agli altri principali capi di quello si rifuggì a Corfù e di là a Roma, ove prese parte alla eroica difesa di quella città assediata dai francesi. Caduta la repubblica, il Miceli si rifugiò a Genova, ove visse per ben dieci anni e mezzo, sempre aspirando a liberare le natie contrade dal duro giogo borbonico.

Il giorno agognato spuntò alla fine, e si fu il 4 aprile del 1860, in cui scoppiava in Palermo quell’insurrezione, che rese celebre il nome del convento della Gancia. Garibaldi accolse nel numero dei suoi mille il Miceli, che fu semplice milite dapprima nella 5a compagnia dei cacciatori delle Alpi. Aggregato poscia allo