Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/190

Da Wikisource.

     Infino a mezzo l’uscio; in alto lega
     Sottil cordino, e ne fa laccio al collo.
     Fa la predella ruzzolar lontano
     Di sotto a’ piedi; appeso resta, e muore.
     Ben tosto il giovinetto l’uscio aperse,
     E vide nel cortile appeso il corpo.
     Nè al fresco caso intenerissi o pianse.
     Ma strofinate al morto le sue vesti
     Alla palestra corse, indi lontane
     A ritrovar n’andò gli amati bagni.
     Capitò pur dov’era il nume offeso.
     Perocchè in cima all’acque Amor si stava
     Su piedestal di pietra. Il simulacro
     Tombolò giuso, e il reo fanciullo ancise.
     Porporeggiava il sangue, e su per l’acque
     La voce del garzon saliva a nuoto:
Gioite, amanti: l’odiatore è spento.
     Ami chiunque è amato: Amor punisce.


L’ERCOLETTO

Idillio XXIV

La Mideate Almena ambo lavati,
     E satolli di latte Ercole figlio
     Di dieci mesi, e l’altro figlio Ificle
     D’una notte minor, gli sovrappose
     A uno scudo di rame, insigne arnese,
     Che a Terela conquiso Anfitrione
     Predato avea. Poi la man posta in capo
     A’ Gigli, ella si disse: O figli miei,
     Un dolce e lieve sonno, anime mie,
     Dormite pur; dormite, o buon germani,
     Prole di vita piena, un fausto sonno
     Infino all’alba: In così dir cullava
     Il grande scudo; e quegli prese il sonno.