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Eravi espresso il mare azzurro, e due
Sovra un ciglion dell’alto lido insieme
A mirar vôlti lei varcante il mare.
65Eravi Giove, che con man divina
Lei molle carezzava, e di giovenca
Ben fornita di corna in riva al Nilo
Di sette bocche la tornava in donna.
La fiumana del Nilo era d’argento,
70Di bronzo la Vitella, e Giove d’oro.
D’intorno intorno sotto gli orli ancora
Del rotondo canestro eravi inciso
Mercurio, e presso lui disteso er’Argo
D’occhi vegghianti adorno; indi nascea
75Dal suo purpureo sangue un grand’augello
De’ color varj di sue piume altero,
Che qual rapida nave aprendo i vanni,
Al bel canestro d’or copriane i labbri.
Tal della vaga Europa era il canestro.
80Poichè fur dentro a’ floridi pratelli,
Qual d’un fior, qual d’un altro il cor pascea.
Chi narciso odoroso, e chi giacinto,
Chi viola predava, e chi serpillo,
Gran foglie spicciolandosi per terra
85In quei di primavera alunni prati.
Altre a gara mietean del biondo croco
L’odorifera chioma. E la Regina
Stava nel mezzo, qual Ciprigna splende
Infra le Grazie, di sua man cogliendo
90Il primo onor delle fiammanti rose.
Ma non lunga stagion dovea co’ fiori
Sollazzar l’alma, nè serbarsi intatta
La fascia virginal. La vide appena
Giove, che fu nel cor ferito, e domo
95Dagli strali improvvisi di Ciprigna,
Che sola può domar lo stesso Giove.
Ei per fuggir della gelosa Giuno