Vai al contenuto

Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/24

Da Wikisource.

O negli amari son passi d’esiglio
     Addutte a partorire, e nel lor seno
     Non può star cosa mai senza periglio.
Di luce ove tu ridi e di sereno
     Nel mar delle dovizie ivi si nuota,
     Ivi d’armenti e di ricolte è pieno.
Non regna morte in giovinetta gota,
     Pazza discordia non alluma foco,
     Ch’ogni ben scommettendo al fondo rota,
Seggion cognate ad un medesmo foco;
     L’anime, che mi fan segno di amiche,
     Trovino meco in questa schiera loco.
Le nozze di Latona e le fatiche,
     Diva de’ veltri tuoi, l’arco gli strali
     E le corse da te campagne apriche
Sempre dirò, nè tacerò dell’ali
     Di quel seggio superbo, che t’accoglie
     Mentre alle case de’ celesti sali.
Te stanno ad aspettar su quelle soglie
     Mercurio e Febo e chi dell’aureo telo
     T’allieva e chi delle ferine spoglie.
Simili veci al regnator di Delo
     Fur divisate già mentre consorte
     Non era Alcide ancor fatto del cielo,
Il quale mai dalle celesti porte
     Non si dilunga e tiene intento il viso
     Se caro cibo alcun per te si porte
E Giuno e tutto il ciel commove a riso
     Quando cinghial strascina, o tauro agreste
     Tolle del cocchio tuo con tale avviso:
Porta Diana ognor porta di queste,
     E noi titolo avrem d’esser benigni,
     Le lepri e i capriol lassa a foreste.
A ricolte i cinghiai sono maligni,
     Sono i tauri a’ mortali acerba doglia,
     Tutta in costor la tua faretra strigni;