E il Vesbio pel dorato aere aperto105
Come obelisco cerulo salia,
D’una cangiante nuvola coperto,
Che in pullulanti vortici vanìa:
E giù pel fianco rigido e deserto,
Cui l’aurea luce del mattin ferìa,110
Quasi respinta negli abissi orrendi
Tacea la vampa de’ notturni incendi.
Quante volte, o Sorrento, un giovinetto
Bello di fresca leggiadria novenne,
Per queste rive a lo stupendo aspetto115
Dei tuoi vaghi mattini il piè contenne!
Io l’ho veduto il suo povero tetto,
Toccata ho l’alga, ove mettea le penne
L’epico cigno in solitario nido,
E su l’acque gittava il primo grido.120
Batte la refluente onda spumante
Appiè d’un muro, e armonïosa riede
E cinque brevi giovinette piante
Di quel vetusto asil crescono al piede.
Sparsa di musco e d’ellera vagante125
La grigia pietra verdeggiar si vede,
E bruna in alto al navigante appare
Una finestra che vaneggia al mare.
E rivolando ne la età fuggita
Vidi in quel vano un giovinetto viso,130
Altero e bello di beltà romita
Sparsa d’un mesto genïal sorriso: