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prefazione XXIII

note di quel Grande, che gli avevano ispirato un inno alla divina arte dei suoni, finisse col trovare come l’interpretazione del suo interno affanno.

Un altro nobile ricordo del Verdi abbiamo nella stanza: «La preghiera del poeta»1, che egli stesso volle mettere in musica. E la cosa andò così. In una di quelle notti di estate, che in ben pochi altri paesi del mondo sono così deliziose come a Napoli, passeggiavano insieme, lungo le rive di Santa Lucia e del Chiatamone, il Verdi, il Sole e Domenico Morelli, dal quale, appunto, mi fu raccontato il fatto. È facile intendere quali fossero i discorsi di quei tre spiriti così naturalmente ricchi d’ideali bellezze e di armonie, e quante nuove immagini, parlando in quell’ora e in quei luoghi, l’uno dovesse svegliare nell’altro. Già il nostro poeta avea più volte improvvisato innanzi al Verdi. Il quale, là, in quell’antico e quasi solitario «Albergo di Roma», che ora non esiste più, soleva sedere al pianoforte, destando ognuno può immaginare quali armo-

  1. Pag. 288: è del 1858.