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il cantico de' cantici 271

relative all’Evangelo di S. Giovanni: «E perchè dunque si legge, se non se ne ha da parlare?» Nessuno altronde dubitò mai, nè fra gli Ebrei, nè tra i Cristiani, che questo libro fosse ispirato, che fosse un libro canonico e rivestito di autorità divina, al pari di qualunque altro della Scrittura. Ond’è che la Chiesa Cristiana non ha mai riconosciute le caute restrizioni della Sinagoga relativamente a questo libro, il quale fu sempre letto nelle solenni adunanze del popolo fedele, anche in tempi in cui le lingue principali, in che le scritture furon tradotte, eran lingue del popolo. E, infine, l’amore (ed un amore divinamente ispirato!), ove venga rivelato nella sua primitiva semplicità, impone sempre ammirazione ed ossequio, come il più disinteressato, come il più nobile fra gli affetti, co’ quali Iddio volle esaltare il cuore dell’uomo. Questa giovinetta ebrea dalla tinta bruna e soave, questa fantastica figlia dell’Asia dalla fisonomia passionata e risentita, questa generosa fanciulla d’Israele, che aspira agli amplessi d’un re, che con tutto il trasporto, con tutte le amabili follie della innocenza rivela il suo cuore all’amante scettrato, il quale alla sua volta la rimerita di gioje e di carezze infinite al cospetto del cielo e de’ suoi popoli, questa Sullamita insomma comanderà sempre la più profonda riverenza nella ingenuità de’ suoi vezzi, nel candore delle sue tenerezze legittime e veramente ispirate.

Nè so quanto bene abbian provveduto al buon costume coloro che, strappatole, come le sentinelle di Gerusalemme, il manto orientale, la copersero delle