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prefazione XXXI

specie d’arte che le proprie forme deriva non tanto dalla natura medesima del proprio soggetto e dalle potenti impressioni che questo abbia fatto nell’ispirato poeta, quanto dalle forme tradizionali e convenzionali del genere preso a trattare. Per tal guisa c’imbattiamo qui di continuo in quelle immagini della Bibbia, che in questa del nostro autore, allo stesso modo che in altre poesie moderne, stanno talvolta come piante non attecchite in terra straniera.

Se dovessi poi indicare un’altra specie di poesia dove il nostro autore neanche ottiene i maggiori effetti, ricorderei quella di argomento orientale, che, sugli esempi principalmente del Byron, fu tentata allora da molti, e quasi sempre con infelici risultamenti. Di fatti, nella novella, rimasta incompiuta, di «Selim Bey»1, benchè leggia-

    migliore di quante il Sole ne abbia scritte nei primi suoi anni; l’inno a S. Luigi Gonzaga (1857); l’altro inno a Maria Immacolata, preposto alla versione del Cantico dei Cantici, e cotesta versione medesima (Napoli, stamperia del Vaglio, 1855). Tali poesie si leggono, rispettivamente a pagg. 161, 273, 279 e 313.

  1. Come ci pare evidente dalla copia manoscritta che ne abbiamo avuto sott’occhio, l’autore, anche di