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la padellina 249

Disse il padre:

— Andiamo via di questa casa, anzi di questa città. Chi sa che guai ci accadranno, se restiamo ancora qui! —

Fanno per aprire la porta e non possono smuovere il paletto della toppa; fanno per aprire la finestra e chiamare aiuto, e il lucchetto della finestra è più duro del paletto.

— Ah, poverini a noi! Come faremo? —

Quel giorno, per caso, avevano da mangiare. Il giorno dopo però cominciarono a provar la fame. Erano come murati in casa e non potevano nemmeno gridare al soccorso!

— Ah, poverini a noi! Morremo di fame. —

La padellina stava appesa a un chiodo, pulita e luccicante qual era rimasta dal momento che il Reuccio l’aveva strofinata su la faccia della ragazza. La ragazza la guardava in cagnesco, con gli occhi pieni di lagrime, e si sentiva gorgogliare in gola: Maledetta la padellina e chi me la diè!

La vide smuoversi e la sentì risonare come quando la prima volta ella vi aveva picchiato su con le nocche delle dita. La staccò dal chiodo, la posò sul focolare spento, e disse al padre:

— Che volete? Una costoletta? Una frittata? —