Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/235

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schizzinosi. Oltre che qui nasce anco sospetto che questa sia piú tosto una ritirata che una dilazione. E, se questo è, pensatela bene. Io ho impegnata la fede; io ho presentato il gioiello per vostra parte; e per vostra parte si sono intimate le nozze. Ora, se non si fanno, l’ingiuria sará grande, lo sdegno delle donne è precipitoso ed ella, come sapete, è potente. Io vi ricordo che voi abbiate molto ben l’occhio all’onor suo e al debito vostro.

Demetrio. Hassi dunque a far criminale questa cosa? Egli sta pur male.

Barbagrigia. Questa sera stará bene. Andiamo, ché li voglio parlare.

Demetrio. Ora si riposa. Andate pur a scusarlo, ché io vo per il medico.

Barbagrigia. A me non basta piú l’animo di capitarli innanzi. Io me n’andrò piú tosto a far certe mie facende, e tra voi ve la spicciate.

Pilucca. Oh che siate benedetti! Non la potreste governar meglio. Lo Spartimatrimonio non arebbe potuto sconciar questo parentato meglio di noi.

Demetrio. Ecco i Canali che andarono dal governatore. Non istiamo qui, ché potremmo dare ne’ mali spiriti.

SCENA V

Procuratore, Mirandola, Giovanni, Battista (straccioni).

Procuratore. Madesi che potete farlo pigliare e darvi conto di vostra figliuola. In Roma si conoscono le cause di tutto il mondo. Andiamo dal governatore, ché vi farò dare il mandato de capiendo.

Mirandola. O dalla cioppa, o quel dottore!

Procuratore. Che c’è, Mirandola?

Mirandola. Non séte voi procurator di questi straccioni?

Procuratore. Si, sono.