Pagina:Caterina da Siena - Epistole, 1.djvu/163

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125 « tutto virile; siccome egli debba essere. Di questo ho piegato e prego continuamente il sommo ed eterno padre, che ne vesta voi, padre santissimo, di tutti lì fedeli cristiani, che un pare che nei tempi, nelli quali ci troviamo, n’abbiate grandissimo bisogno.

II. Io miserabile ed ignorante figliuola, non mi resterò mai, secondo che egli mi darà la grazia, terminare voglio la vita mia per voi e per la santa Chiesa (D); in continuo pianto, vigilia e fedele, umile

continua orazione: questo Dio mi concederà, che da me niuna cosa potrei. So, che all’ umile, continua e fedele orazione non sarà disdetto quello che si dimanderà dalla infinita bontà di Dio., essendo giusta petizione, e così li altri servi e figliuoli vostri che temono Dio, fanno e faranno questo per voi, e tanto più, quanto essi sono buoni, ed io piena di difetto!


fate voi dal vostro lato quello che dovete e jvotete, e così mitigheremo l’ira di Dio, e darete refrigerio ai servi suoi. Son certa, che avendo il cuore virile, come detto è, voi il farete, in altro modo no; e però dissi ch’io desideravo di vedervi col cuore virile, e così desidera l’anima mia; allora sarete il gaudio, l’allegrezza e consolazione mia e degli altri servi di Dio, che riguardano alle mani della S. V., li (juali v’ amano e cercano l’onore di Dio e vostro con ogni sollecitudine, non finti, avendo uno in lingua e I altro iu cuore.

Altro non vi dico: permanete nella santa e dolce dilezione di Dio: piaccia alla santità vostra di tenere persone fedeli presso a sè, che si vegga che temano Dio, acciò quello che si fa e dice in casa vostra, nou sia portato alli dimonj incarnati, che li difetti loro sono vostri nemici, cioè l’antipapa e li seguaci suoi. Perdonate, padre santissimo, alla mia presunzione, che ho presunto di scrivere a voi sicuramente, costretta dalla divina bontà e dal bisogno che si vede, e dall’amo»e ch’io porto a voi. Sarei venuta, e non avrei scritto se non per non darvi tedio del tanto mio venire (£) abbiate pazienzia in me, che io non mi resterò ma di sti-