Pagina:Caterina da Siena - Epistole, 2.djvu/211

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2 I I A Irate Filippo (li Vannucclo, ed a frate Niccolò di Piero di Firenze dcll’Ordine di 31onte Oliveto fatta in astrazione.

I. Della virtù dell* obedienza, esortando i detti monaci ad osservarla perfettamente per mezzo della santa carità unita all’umiltà ed alla pazienza.

IT. Di due sorte d’obedienza, cioè generale, comune a tutti, e particolare propria de’ religiosi.

III. Degli scogli che s’ incontrano nell’osservanza dell’ obediunza, che sono le tentazioni ed inganni del diiuonio, la ribellione della carne e le lusinghe del mondo, e delle tre virtù, rio

l’obedienza, l’umiltà e la povertà volontaria, con cui si superano detti scogli.


IV. Della qualità della vera obedienzs, e del lume che si ricerca per acquistarla.

V. Dei danni della disobedienza.

Al nome di Jesà Cristo crocifisso

di Maria dolce.


I. Ìlarissimi figliuoli in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondati in vera e perfetta pazienzia, perocché senza la pazienzia non sareste piacevoli a Dio, e non portareste il giogo della santa obedienzia, raa con impazienzia ricalcitraste al prelato ed aU’Ordine vostro: e pazienzia non è mai se non in colui che sta in perfetta carità, unde colui che ama perde la malagevo-