Pagina:Catullo e Lesbia.djvu/272

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266 annotazioni.


Se Marziale dà alla parola passer un senso osceno in quei notissimi versi:

Da nunc basia sed Catulliana,
Quae si tot fuerint, quot ille dixit
Donabo tibi passerem Catulli;

ciò non vuol mica dire che Catullo l’abbia usato oscenamente anche lui. Marziale fa qui un doppio gioco di parola: uno, tra passer uccello e passer in significato furbesco; l’altro fra il libro di Catullo, che probabilmente fu chiamato del passere, e il senso turpe che in questo caso gli attribuisce; tutto il merito dell’oscenità è dunque suo, e il povero Catullo non ci ha che vedere. C’è un’altra ragione, oltre a questa, che mi fa tener per fermo che questo epigramma s’ha a prendere alla lettera. Coloro che vogliono trovare in esso una sconcia allusione, come faranno a trovarcela in quell’altro sulla morte del caro animaletto di Lesbia? Stima il Vossio che Catullo, conffectum et exhaustum lucta venerea et funerata ea parte, quae virum facit, Lesbiae suae hoc epigramma scripsisse. Ma a distrugger questa sudicia supposizione basta soltanto osservare due cose: prima, che questi epigrammi sul passere furono, secondo ogni probabilità e a consenso dei dotti, composti sul bel principio dell’amore con Lesbia, di cui non aveva il poeta acquistata ancora tutta quanta l’intimità; seconda, che il carattere di Catullo non si prestava a queste maliziose allegorie. Avea da dire una birbonata? La spiattellava bella e tonda senza altri riguardi; chiamava le cose col proprio nome, aveva il merito che manca a parecchi, i quali ogni studio pongono ed ogni virtù nel confettare le schifezze dell’anima; escrementi canditi, non uomini.