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[956-957] Nazioni, città, paesi 303


Perlustriamo velocemente la patria nostra dal Monviso all’Etna, adendo a’ pie’ delle Alpi, fermiamoci nel Piemonte,

956.   Petit État situé au pied des Alpes.1

Con queste parole lo designava Napoleone III nel discorso inaugurale della sessione legislativa del 1865, pronunziato il 15 febbraio al Louvre, annunziando al Senato e al Corpo Legislativo la convenzione di settembre. Le parole imperiali che parvero in Italia sprezzanti, e oltraggiose per l’italianità del Piemonte, furono rilevate da Tommaso Villa, nel giornale torinese Le Alpi, e da Giuseppe Mazzini, che nel giornale medesimo, il 13 marzo, scriveva: «Io.... non vedo che una risposta degna dell’Italia, e segnatamente del Piccolo Paese a’ piè dell’Alpi: dire, con fatti, all’imperatore straniero: Sire, voi errate: avremo Venezia, e non avrete il Piemonte» (Mazzini, Scritti editi ed ined., vol. XIV, p. cxliii e 101).

Ecco il periodo del discorso imperiale: «Ce ne sont plus les membres épars de la patrie italienne cherchant à se rattacher par de faibles liens à un petit État situe au pied des Alpes, c’est un grand pays qui, s’élevant au-dessus des préjugés locaux et méprisant des excitations irréfléchies (si allude alle dimostrazioni torinesi del settembre), transporte hardiment au cœur de la Péninsule sa capitale, et la place au milieu des Appennins comme dans une citadelle imprenable» (Moniteur universel, 16 févr. 1865).

Nella forte Torino, la culla dell’Indipendenza italiana, udremo facilmente cantare:

957.             I souma i fieuj d’Gianduja,
                                        Na sola famia.2

ch’è il principio d’una popolarissima canzone Ij fieuj d’ Gianduja, in dialetto piemontese, di Cesare Scotta, cantata al teatro d’Angennes la sera del 15 febbraio 1868.

Questo poeta, così noto in Torino, è pure l’autore di un’altra canzone, la Giandujeide, di cui il ritornello è:


  1. 956.   Piccolo stato situato ai piedi delle Alpi.
  2. 957.   Noi siamo i figli di Gianduia, una sola famiglia.