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318 Chi l’ha detto? [988-992]


Invece Firenze è chiamata:

988.    L’elegante città, dove con Flora
Le Grazie han serti e amabile idioma.

nel carme di Ugo Foscolo, Le Grazie (secondo il testo edito dal Chiarini, inno II, v. 25-26). Ai fiorentini ed alla loro parlata, che fra tutte quelle della Toscana si distingue per le forti aspirazioni, e che Vittorio Alfieri, nel principio del sonetto scritto per la soppressione dell’Accademia della Crusca (vedi nelle Opere scelte, ediz. de’ Classici Italiani, vol. III, pag. 490), chiamava

989.   L’idioma gentil sonante e puro.

(è noto che delle prime parole di questo verso Edmondo De Amicis fece il titolo di un suo volume sulla questione della lingua, pubblicato nel 1905), si addice pure l’altra frase dantesca:

990.                                 .... Fiorentino
Mi sembri veramente quand’io t’odo.

(Inferno, c. XXXIII, v. 11-12).

991.   Botoli ringhiosi.

chiama Dante gli aretini:

          Botoli truova poi, venendo giuso,
               Ringhiosi più che non chiede lor possa.

(Purg., e. XIV, v. 46-47).

e un antico commentatore fiorentino annota, che Dante così li chiama «perchè hanno maggiore l’animo che non si richiede alle forze loro; et ancora perchè è scolpito nel segno loro A cane non magno saepe tenetur aper». Ma il Sacchetti invece afferma che «furon sempre chiamati can botoli...; poichè sanza intelletto abbaiano, s’e’ lor signori non li battono, e per lo battere si rimangono dall’abbaiare, e dopo le battiture stanno più soggetti e con più amore che non essendo battuti» (Sermoni evangelici, ed. 1857, pag. 180).

Per le Romagne, me la leverò ricordando soltanto una delle sue città nel verso

992.   Dunque ti lascio, o Rimini diletta.

(Pellico, Francesca da Rimini, a. V, sc. 2).