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[1877] Le frasi storiche della Grande Guerra 673


trincea tedesca conquistata il giorno avanti dai francesi, i tedeschi contrattaccano con una pioggia di granate, che fanno strage fra i difensori: gli altri ripiegano in disordine mentre una ventina di tedeschi irrompono nella trincea. Allora l’aiutante Jacques Péricard (giornalista e redattore dell’Agence Havas), gettando bombe a mano sugli assalitori, lancia anche il grido sublime: Debout, les morts! Al suo richiamo tre feriti si levano e a colpi di fucile, di bombe e di baionette, ricaccian gli assalitori. Si veda in Maur. Barrès, L’âme française et la guerre: Sur le chemin de l’Asie (Paris, Émile-Paul frères, 1918, pag. 337 e segg.) il racconto fatto dallo stesso Pèricard e altre interessanti notizie in V. Giraud, Le miracle français: Trois ans aprés (Paris, Hachette, 1918, pag. 153) dove si narra come il primo racconto dell’episodio per desiderio dello stesso Péricard taceva il nome di lui anzi lo dava per morto e che soltanto il Barrès, dopo lunghe vicende, riuscì a rompere il velo del segreto, vincendo la modestia del valoroso pubblicista.

Tuttavia quel grido non fu che la reminiscenza di un verso del parnassiano Leone Dierz, nello splendido poemetto Les paroles d’un vaincu (Paris, Lemerre, 1871; to. II, pag. 6), nel quale il poeta immaginò che gli spettri dei soldati della Rivoluzione avrebbero voluto tornare in Mta pur di combattere ancora l’odiato tedesco:

     Et les vieux sonneurs de fanfares
          Criaient en vain: «Debout les morts!
          Redonnez nous, ô dieux avares!
          Du sang qui coule dans des corps!»

Dal canto nostro, potremmo contrapporre non solo i versi del fatidico inno del Mercantini (v. num. 728)

     Si scuopron le tombe, si levano i morti,
          I martiri nostri son tutti risorti

ma anche un’altra eroica frase di un ignoto soldato nostro di cui il ricordo non ci è serbato che da una poesia che trovo citata nel bel volumetto del prof. G. Bellucci, Folk-lore di guerra (Perugia, 1920), a pag. 113 e anche a pag. 55 del successivo volumetto dello stesso autore: I vivi ed i morti nell’ultima guerra d’Italia (Perugia, 1920). Il compianto prof. Bellucci pone a confronto i versi dell’inno di Garibaldi con la seguente strofa dell’Inno dei Cacciatori

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