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708 Chi l’ha detto [1944-1946]


1944.             .... Pulchre, bene, recte.1

(Arte poetica, v. 428).

1945.   Sine ira et studio.2

(Tacito, Annali, lib. I, cap. 1).

Le parole di Giulio Cesare:

1946.   Veni, vidi, vici.3

con le quali egli annunziò in una lettera all’amico Aminzio la sua sollecita vittoria su Farnace presso Zela nel Ponto (2 agosto 47 av. C.), ci sono conservate da Plutarco nei Detti memorabili di re e capitani (§ XII dei Detti di Cesare) e anche da altri classici scrittori: ma secondo Svetonio nella Vita di Cesare (§37) queste stesse parole invece erano scritte in una tavoletta recata nel trionfo di Cesare dopo le guerre del Ponto. L’epifonema cesariano fu attraverso i secoli e le varie letterature parodiato e parafrasato in cento modi, molti dei quali sono riportati da Paolo Bellezza in un articolo: La parodia di «Veni vidi vici» in Athenæum (di Pavia), ottobre 1917, pag. 200-203.

Venendo agli autori moderni, fermiamoci anzi tutto a Dante Alighieri (1265-1321), il padre della nazionale letteratura. La Divina Commedia ci può dare ancora un notevole contributo, benchè già ne abbiamo spigolato in abbondanza. Infatti Dante è una delle tre cose che, come soleva dire il Guerrazzi, condividono con la gomma la prerogativa dell’elasticità - le altre due, per chi volesse saperlo, sono la Bibbia e la coscienza; e tutti lo citano, a proposito e a sproposito, e lo tirano alle loro opinioni, alle loro passioni, ai loro pregiudizi. Paolo Bellezza scrisse a tal proposito un arguto articolo Del citare Dante, nella Rassegna Nazionale, del 1° marzo 1903, pag. 12-25 ne’ quale raggruppa molte citazioni dantesche argute, felici, spropositate, barocche (alcune a dir vero insipide: vedansi gli appunti di A. D’Ancona nella Rassegna bibliografica della letteratura italiana, anno XI. 1903, pag. 286): ed un secondo articolo dello stesso autore pure intitolato

  1. 1944.   Da bravo, bene, benissimo.
  2. 1945.   Senza ira nè malizia.
  3. 1946.   Venni, vidi, vinsi.