Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/33

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i genitori. 5

popolo si recarono a visitare processionalmente la Santa Casa di Loreto, e fecero un triduo solenne al Crocifisso nella chiesa di Sant’Agostino; di che nacque un subbuglio, volendo alcuni che il Crocifisso fosse portato in processione per tutta la città, ed altri no. Monaldo riuscì a calmare il subbuglio; ed egli stesso fece poi fare a sue spese in Recanati un triduo solennissimo nella chiesa di San Vito. Intanto il Governo del Papa, non volendo questi assentire alle esorbitanti domande della Francia, risolve di apparecchiare la guerra; e Monaldo, secondando gli ardori bellicosi di suo fratello Vito, che aveva allora diciassette anni, consentì che si arrolasse nell’esercito papale, lo accompagnò a Roma, offrì all’erario trecento scudi all’anno durante la guerra, e di cquipaggiare e mantenere a sue spese il fratello ed un altro volontario in un corpo di cavalleria.

Dopo la battaglia di Faenza e la presa di Ancona (febbraio 1797), alcuni soldati francesi andarono a Loreto, e di lì a Recanati, dove pernottarono, per ripartire la mattina dipoi alla volta di Roma. Al conte Monaldo, come rappresentante del Municipio e incaricato delle armi, toccò provvedere gli alloggi ed i viveri e sodisfare alle altre domande del generale francese: ed egli, salvo un po’ di paura, se la cavò non male. Alcuni giorni dopo passò da Recanati Napoleone Bonaparte, allora generale in capo dell’esercito francese in Italia. « Io non lo vidi, scrive Monaldo, perchè, quantunque stessi sul suo paesaggio nel palazzo comunale, non volli affacciarmi alla finestra, giudicando non doversi a quel tristo l’onore che un galantuomo si alzasse per vederlo. »

Senza parlare delle forti contribuzioni, altri danni e disturbi toccarono alla famiglia Leopardi durante l’invasione francese: il più grave di tutti fu questo.

Dopo l’occupazione di Roma per parte dei francesi e la proclamazione della Repubblica romana (1798),