Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/43

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i genitori. 15

non disse mai loro una parola affettuosa, non li strinse mai al seno; che i figliuoli dinanzi a lei dovevano chinare gli occhi, obbedire e tremare. Quando erano piccini, se una cucchiaiata di pappa bruciava loro la lingua, e piangendo gridavano: mamma, scotta; lei rispondeva: offritelo a Gesù! Quando furono grandi, non soffrì che facessero amicizia con alcuno, perchè ciò distoglieva dall’amore di Dio. 1

Prese le redini della amministrazione domestica, la contessa andò diritta al suo scopo, senza scrupoli, senza debolezze, senza pietà: mantenne alla famiglia tutte le apparenze della antica agiatezza; non licenziò un servitore, non un prete, non il cocchiere: fece vendere le sue gioie; ridusse le altre spese al puro necessario; abolì ogni divertimento, ogni svago; trasformò la sua casa in un convento. Come per lei tutto il mondo era Recanati e Loreto, tutta l’occupazione e il pensiero costante della sua vita, l’economia domestica e la preghiera; così non ammetteva che i figliuoli desiderassero vedere altro mondo di là dal suo; non ammetteva che per la sodisfazione di questo vano e peccaminoso desiderio si dovessero sprecare denari. L’ufficio ch’ella si era assunta di restauratrice della fortuna di casa Leopardi faceva la sua forza: essa lo sentiva, e, come tutti gli animi da natura tirannici, ne abusava. Lo sentivano anche gli altri e piegavano il capo. Il martire predestinato di questa tirannia fu Giacomo, nato per vivere libero e indipendente. Monaldo ebbe almeno la consolazione di veder rifiorire il patrimonio e assicurate le sorti della casa. Giacomo, mentre il patrimonio rifioriva, dovè a Firenze e a Napoli rassegnarsi a vivere in grandi strettezze, sollevate in parte dai soccorsi degli amici.

  1. Paolina Leopardi, Lettere, ediz. cit., pag. 8.