Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/432

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396 CAPITOLO XIX. Il poeta scrisse una volta che quando aveva veduta in sogno la donna a lui cara, evitava per alcuni giorni d'incontrarsi con essa, ben sapendo che la realtà avrebbe distrutto l'incanto del sogno. Ora no; ora quanto più torna a rivedere la donna amata, tanto più cresce il diletto e il delirio del quale egli vive. Pare dunque ch'egli abbia trovata la donna che non si trova, ch'egli abbia trovata la incarnazione vera del suo ideale. Da questo inganno nasce l'esal- tazione, da questo inganno i pensieri che sono il prodotto di quella esaltazione. Nessun altro poeta, dopo il secolo XIV, al quale il Leopardi per questa parte si riattacca, scrisse mai, sotto l'impulso della passione, niente di più nobile ed alto. Nel Pensiero dominante il poeta della doglia mon- diale canta un bene che supera tutti i mali della vita ; pare diventato per un momento il cantore della feli- cità umana: ma anche qui trova modo di ricordare che il meglio di ciò che natura concesse agli uomini è la morte; eccettuato l'amore, Solo per cui talvolta, Non alla gente stolta, al cor non vile La vita della morte è più gentile. C*ò qui in origine il pensiero tanto accarezzato dal poeta nel secondo periodo dell'amore, che cioò il mondo ha due sole coso belle, amore e morte, il pensiero da cui rampollò la immagino della loro fratellanza. Amore e morte ò quasi la prosecuzione del Pensiero dominante. Quando l' esaltazione amorosa C giunta al sao più alto punto, che cosa avviene? Forse gli occhi Bpaiira AUor quoHto doHcrto : a so la terra Forse il mortalo inabitabil fatta Vede ornai Rcn/.a quella Nova, sola, itifinita Felicità che il suo ponsier figura: