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ropa di cui sconcertava tutta la politica, apportando - e senza che il Pontefice menomamente lo volesse -• un impreveduto sfacelo nella tela, con tanta assidua fatica e con tanto tenace studio, ordita dal principe di Metternich1.

Il popolo inglese e il ministero Palmerston vedevan con piacere, e nel loro interesse, determinarsi in Italia una politica liberale, la quale creerebbe imbarazzi al Governo austriaco ed al francese, e che agevolerebbe la conclusione di accordi fra il nuovo Pontefice e il Governo inglese intorno ad alcune questioni di carattere religioso esistenti fra esso e la Santa Sede2; la diplomazia russa impauriva di quel potere morale, onde in pochi mesi mostravasi investito Pio IX, perchè pensava alle complicazioni che potrebbero sollevarsi in Polonia, per il che mostravasi essa pure premurosa di stringere legami con la corte di Roma sui dissidi religiosi non ancora risoluti fra la Chiesa scismatica e la cattolica3; mentre quella politica liberale del Papato sconcertava tutti i calcoli e le previsioni della corte di Vienna, del principe di Metternich e del fido alleato di lui, il dottrinario Guizot, primo ministro della Francia orleanista, il quale, a furia di opportunismo e di concessioni, giungerebbe a scrivere al Metternich verso la metà del 1847: «Noi

    cento anni, 1750-1850, Torino, Unione tipografico-editrice, 1863, vol. V, § 95, pag. 147).
         «I cittadini stanchi di imprecare incominciarono ad applaudire: si eccitò un’ammirazione universale e chiassosa, e Viva Pio IX fu la parola di moda, il sunto di tutti gli encomi, di tutte le speranze: si diffuse dall’Italia a tutta l’Europa e di là dall’Atlantico: Protestanti, Cattolici, Turchi, ed Ebrei ripeteano: Viva Pio IX! i figli di Voltaire nel nome di un papa si rappresentavano quanto di meglio potessero chiedere i popoli, o fare i principi. Nell’aprire le Camere di Francia non avendo Luigi Filippo* fatto motto di Pio IX, gli venne imputata questa reticenza e l’indirizzo volle supplirvi: «Come voi, o sire,» ecc., ecc. (e qui ripete tutte le frasi dell’indirizzo della Camera dei deputati di Francia al re». C. Cantù, Gli ultimi trent’anni, continuazione della Storia universale, Torino, Unione tipografico-editrice, 1880, I, pag. 2). Cf. con la Storia degl’Italiani di Cesare Cantù, Torino, Unione tipografico-editrice, 1877, vol. XIV, cap. CLXXXX, pag. 82.

  1. Gualterio, op. cit., vol. V, cap. II; F. De Boni, op. cit., part. I, dal § 5 al § 10; Garnier-Pagès, op. cit., tom. I, chap. I«’, § 7, pag. 15 e suiv.; Hermann Reuchlin, op. cit., vol. I, cap. IX, pag. 295 e seg. Cf. De Lamartine, Regnault, Guizot (Mémoires pour servir à l’histoire de mon tewps, Paris, M. Lévy Frères, 1867); Rey, Perrens, Balleydier, Lubibnschy, Pinto, Mlraglia, Gabussi, Vecchi, Saffi, Montanelli, ecc, ecc.
  2. Gualterio, op. cit., vol. VI, cap. XV. Cf. con Nicomede Bianchi, op. cit., vol. V, cap. I, § 5.
  3. N. Bianchi, op. e loc. cit.; M. Tabarrini, op. cit., pag. 265.