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206 ciceruacchio e don pirlone

Non era repubblicano, ma democratico di principi, di ogni più largo e civile progresso amantissimo; del Papato diffidente, speranzoso più che fiducioso di Pio IX, della romana Curia irremovibile avversario.

Piccolo, ma leggiadro della persona, accuratamente attillato nel vestire; negli atti, nel portamento, nelle parole elegante sempre e sempre sopra gli altri distinguibile. Oratore forbito, facondo, eloquente, della straniera dominazione nemico irreconciliabile, della indipendenza e unità della patria e della libertà tenerissimo.

L’illustre uomo fu degnamente festeggiato in Roma da ogni ordine di cittadini. Ciceruacchio si fece promotore di un banchetto in onore di lui: esso gli fu offerto dal Circolo romano nel casino del Vascello sul Gianicolo. Vi assistettero tutte le persone più autorevoli di Roma per studi, per cultura, per patriottismo. Furono fatti vari brindisi in suo onore, e il Masi improvvisò applauditissimi versi. «Ogni ceto di persone, dal principe al popolano, vedevasi rappresentato in quel banchetto, reso più bello dalla presenza di gentili signore». . . . Il conte Terenzio Mamiani «in suo eloquente discorso rivelò tutta quanta la sua anima piena di puro amor patrio, di sublimi pensieri e di generose inspirazioni. Tracciati i dolori dell’esilio, e resi più gravi dallo scherno dello straniero, cui dava ampia materia l’avvilimento della misera Italia, manifestò con l’accento della verità e della passione quelle sensazioni che ricevè la sua bell’anima quando egli tornò a calcare il terreno natio, ed innalzandosi a gravi e nobili considerazioni, dipinse con vivi colori lo stato presente d’Italia e i suoi voti, le sue speranze. Indi rialzando il sentimento e la dignità nazionale, mostrando l’unica possanza del popoli essere la fiducia nella loro propria forza iniettore, animando il coraggio, spronando gli animi a seguire gli esempi degli avi, eccitò tale entusiasmo, che ai clamorosi applausi si mesceano le lacrime della gioia1. I quali crebbero, se pure era possibile, quando l’illustre esule entrò a celebrare le virtù e le benemerenze dell’adorato Pon-

  1. Il Contemporaneo del 25 settembre 1841, n. 39. Cf. la Pallade del 24 settembre, n. 67; G. Spada, op. cit., vol. I, cap. XVIII; B. Grandoni, op. cit, anno II, pag. 87.