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sorge: e gli annali di Roma spargeranno la fama dell’umile nome di Ciceruacchio cinto di gloria immortale»1.

È strano poi che lo stesso Spada prima affermi che «non gli sembra pertanto che si debbano tessere elogi di un uomo, che non pure non seppe sostener la sua dignità, ma che rabbassò e la prostituì del tutto per accattarsi l’aura popolare soltanto in modo sì poco decoroso»2 - scusate se è poco - e dica poi, quattro o cinque pagine appresso: «ci siamo soverchiamente diffusi in parlare di lord Minto, e della sua missione in Roma, nel far la qual cosa se tenemmo un linguaggio franco e severo, questo si riferì soltanto alla sua vita pubblica. Che se vuolsi riguardare alla sua vita privata, alla sua istruzione, alla nobiltà e disinvoltura delle sue maniere, non potremmo che tesserne gli elogi, e renderle omaggio alla onoratezza del suo carattere cpme uomo privato. Noi lo conoscemmo personalmente, e non possiamo se non lodarci di lui e della sua cortesia»3.

Ma oramai il grande avvenimento che tutti occupava gli animi dei Romani era l’inaugurazione della Consulta di Stato fissata per il 15 novembre.

Da molti giorni si attendeva ai preparativi di quella festa: i consultori in ventiquattro carrozze di gala, offerte dalle famiglie patrizie di Roma, dovevano prima recarsi al Quirinale per essere ricevuti e benedetti dal Papa, poi di là al Vaticano dove, udita la messa solenne e dopo cantato il Veni Creator Spiritus, dovevano, nello stesso palazzo pontificio, nelle sale destinate a residenza della Consulta, iniziare l’opera a cui eran chiamati.

Tutte le vie, che dal Quirinale conducono al Vaticano, erano inghirlandate di fiori; arazzi a tutte le finestre; bandiere sventolanti da per tutto; archi di mortella, numerosissime iscrizioni e una fìtta calca di popolo plaudente sulla lunghissima strada che doveva percorrere il corteo.


  1. G. Spada, op. cit., vot. I, cap. XX. Riferisce il fatto anche il wl, uno dei furiosi contro lord Minto, allorché narra che questi «andava ai circoli, all’ufficio del Contemporaneo, riceveva con cortesia Cocervacchio (sic) e faceva versi per Cicervacchietto (sic)» (op. cit., cap. IV, pag. 58).
  2. Lo stesso, ib., ib., pag. 385.
  3. Lo stesso, ib., ib., pag. 390.