Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/299

Da Wikisource.
292 ciceruacchio e don pirlone

fermarla questi particolari. — Circa l’avemaria rompeva i gruppi del popolo un carretto sopra cui era un pover’uomo. — Stranita la massa da quell’incidente mandava alcun fischio, allorchè un giovane ardente di patria carità, grida: - Egli è povero, rispettatelo, è nostro fratello. — Bravo, bravo — gridan tutti e tutti a contornare il carretto, a chiedere scusa al carettiere di qualche fischio sconsiderato. — Giunto il popolo alla fine del Corso, in mezzo a fragorose voci uno grida: rispetto ai moribondi1 - e tutti passaron dal clamore al silenzio, Quindi riprendono gli evviva a Pio IX solo! Viva papa Ganganelli! Viva Corsini! Viva Gioberti! l’indipendenza d’Italia, i Siciliani e la Costituzione!

«Il fermento popolare non è cessato però: si parla di aspettare la settimana, fidare in Pio IX, nel senatore, si parla dell’attività patria spiegata dall’Aldobrandini; ma doversi stare all’erta perchè i nemici comuni non tentino un qualche colpo di mano. A questo stato sono le cose alle sei pomeridiane, ora in cui scriviamo»2.

E il fermento popolare e l’attitudine minacciosa della folla durò anche il giorno successivo 9 febbraio e 1 rivoluzionari, gli agitatori, gli esagerati e, primo fra questi, Ciceruacchio, ebbero a durare una grande fatica a temperare, qua e là, fra i più focosi assembramenti, le impazienze della folla con le loro arringhe e concioni; arduo e pericoloso ufficio in quel giorno3.

Anche da altre città dello Stato, e specialmente da Bologna, pervenivano al Governo deliberazioni di Circoli, di Consigli comunali, di battaglioni civici, con le quali si sottomettevano domande simili a quelle fatte presentare al Papa dal popolo romano.

Frattanto la sera del 9 si riuniva il Consiglio dei ministri, presieduto dal Papa e al quale questi aveva voluto fossero invitati il principe Corsini senatore di Roma, il principe Rospigliosi generale comandante della guardia civica, il principe Massimo

  1. La folla passava vicino al convento dei gesuiti e perciò quella voce gridò: rispetto ai moribondi, alludendo alla loro imminente espulsione.
  2. Pallade del 9 febbraio n. 163. Cf. con tutti gli altri giornali di quel tempo: Contemporaneo, Bilancia, Speranza, il cui racconto di poco differisce dal presente, col quale, nel complesso, concordano anche le narrazioni del Grandoni, del D’Azeglio, dello Spada e del Rusconi, testimoni oculari
  3. B. Grandoni, op. cit, pag. 124.