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318 ciceruacchio e don pirlone

l'armi!.... la vittoria vi attende all’armi! o Romani! cosi vuole Iddio!

«Echeggiavano ancora gli applausi con che furono accolte quelle parole, quando un uomo di una certa età, indossando il pittoresco vestimento dei montanari romani, subentrò al padre Gavazzi nel sacro pulpito, divenuto tribuna politica. Cappello a tese larghe, soprabito di panno verde-cupo foderato di una pelle di montone, gettato sulle spalle, ghette di pelle rossa e nera, strette alle gambe con fibbie di rame, casacca di velluto turchino fermata da una larga cintura tricolore, sottoveste rossa, calzoni corti e grosse scarpe coi ferri, ecco in che arnese si presenta questo nuovo oratore, di nome Rosi, e noto per pastore poeta. La faccia pallida circondata da lunghi capelli neri, gli occhi larghi e brillanti, l’armonia dei lineamenti e la distinzione nella favella, impongono silenzio.

«— Io non sono nè un oratore, nè un sapiente! - esso esclama - sono un povero contadino, che conosce la storia del proprio paese solo per le rovine le quali ricuoprono la terra delle sue campagne. Ogni sua rovina porta una rimembranza, ogni rimembranza serba un nome, ogni nome forma un insieme miracoloso, un ’monumento eterno eretto alla gloria d’Italia ..... L’Italia, o fratelli! questo nome è tre volte caro, muove alle lacrime gli occhi vostri, la vostra destra va naturalmente sul vostro fianco onde trovarvi il brando della risurrezione; l’Italia vi aspetta sul suo letto di dolore; vi chiama voi che siete suoi figli; vi chiede la libertà, voi soli dargliela potete: sarete insensibili al suo invito?

«— No, no! - urla il popolo - Evviva l’Italia!

«— Chiuderete gli occhi alle sue lacrime, e l’orecchio alla sua voce?

«— No, no! Evviva l’Italia!».

«Per un quarto d’ora il poeta-pastore, diventato tribuno, trattiene sospesa ad ascoltare le sue magiche parole, la calca tacita ed attenta; indi lascia la tribuna per cederla ad un altro oratore, esso pure poeta, benchè segretario del principe di Canino. E suo nome è Masi; la sua prosa è, al pari del gesto, facile ed elegante, e per lo più diviene epica; la rapida favella ubbidisce al concetto.