Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/364

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capitolo sesto 357

avrebbe potuto dar loro qualche soccorso pecuniario per riman- darli a casa. Il principe replicò che l’esempio era da riguardarsi come riprovevole e funesto, ma che non era esso che ne aveva presa l’iniziativa. Pur non ostante, e per quella volta soltanto, e purchè la cosa non si adducesse in esempio, darebbe trenta scudi.

«Il Ciceruacchio allora, mostrandosi sdegnato contro gli ammutinati, che eran riuniti nel cortile del possidente Senni, accanto al palazzo Valentini, invitò me ad assistere alla distribuzione del danaro, ed a sentire la predica che loro avrebbe fatta. Mi vi recai in sua compagnia, vidi distribuire un paolo, un paolo e mezzo a ciascuno di quei mascalzoni, che saranno stati un centinaio circa, ma la predica ancora l’attendo»1.

Questo il racconto dello Spada; il quale racconto, oltre ad essere smentito in alcune circostanze dal rapporto del maggiore Barberi, è sottilmente e perfidamente loiolesco e disonesto, perchè tende a far credere, col favoleggiatore Balleydier, che Ciceruacchio fosse alla testa dei perturbatori, mentre egli era sopraggiunto, perchè mandato a chiamare, affinchè, valendosi della sua popolarità e del suo ascendente sulle moltitudini, la facesse, anche in quei caso, da pacificatore. Egli infatti arrivò - lo afferma il rapporto del maggiore Barberi, scritto alle 7 1/2 di quella stessa sera2 - in piazza SS. Apostoli, quando già gli ammutinati vi si trovavano e quando già avevano inviato le deputazioni al palazzo Valentini e al palazzo Torlonia.

Prima cura di Ciceruacchio, appena giunse sulla piazza, fu di costringere gli ammutinati a entrare nel cortile del palazzo Di Pietro - lo stesso che il palazzo Senni - e di rinchiuderveli. E fu allora, certamente, che il principe Torlonia chiese di lui o lo mandò a chiamare. Quanto al non aver fatto la predica agli ammutinati, è probabile che ciò sia dipeso da circostanze di fatto e del momento che egli, il quale ben conosceva le plebi, era in grado di comprendere e di valutare assai meglio dello Spada, delle plebi nè amico, nè conoscitore3.


  1. G. Spada, vol. II, cap. IX.
  2. Documento n. 72.
  3. G. Spada, vol. II, cap. IX; A. Balleydier, op. cit, cap. V, pag. 78.