Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/388

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capitolo sesto 381

«Non vi è ignoto, venerabili fratelli, già fin dagli ultimi tempi di Pio VII, predecessor nostro, i maggiori Principi del- l’Europa aver cercato d’insinuare all’Apostolica Sede, che nell’amministrazione delle cose civili usasse un cotal modo più agevole, e rispondente ai desideri dei laici. Li poi, nel 1831, questi loro voti e consigli più solennemente rifulsero per quel celebre Memorandum, che gl’imperatori d’Austria e di Russia, e i re di Francia, Gran Brettagna e Prussia stimarono d’inviare a Roma pei loro ambasciadori. In quella Nota, tra le altre cose, si ragionava di convocare a Roma una Consulta da tutto il dominio pontificio e d’instaurare od ampliare la costituzione dei Municipi, dell’instituire i Consigli provinciali, come altresì d’introdurre questi stessi ed altri Istituti in tutte le province a comune utilità, e di render accessibili ai laici tutti quegli uffici che ragguardassero o l’amministrazione delle cose pubbliche, o l’erdine dei giudizi, E questi due capi singolarmente si proponevano come principi vitali di governo. In altre note di ambasciadori si discorreva di dare un più ampio perdono a tutti o quasi tutti coloro che s’erano levati dalla fede del Principe nel dominio pontificio.

«A niuno poi è nascosto, alcune di queste cose essere state mandate in atto da Gregorio XVI, nostro predecessore, e d’altre poi fatte promesse negli Editti che di suo ordine furono emanati nel 1831. Ma questi benefici del nostro predecessore non parvero cosi pienamente rispondere ai voti dei Principi, né bastar ad assicurare la pubblica utilità e la tranquillità in tutto lo Stato temporale della Santa Sede.

«Laonde Noi, come prima per imperscrutabile giudicio di Dio fummo sostituiti in suo luogo, non eccitati da conforto o consiglio, ma mossi dal nostro singolar affetto verso il popolo sottoposto al temporale dominio ecclesiastico, concedemmo un più largo perdono a coloro che s’erano partiti dalla fedeltà dovuta al Governo pontificio, e di poi ci affrettammo d’instituire alcune cose che avevamo giudicato dover conferire alla prosperità del medesimo popolo. E quelle tutte cose che facemmo nei primi principi del nostro pontificato, bene si convengon con quelle che sommamente avevan desiderate i Principi dell’Europa.