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la bocca, e zaff..., con un semplice morso dato a tempo, gliela stacco di netto fin dal primo nodello.

Lo scimmiottino cacciò un grido acutissimo di dolore: e buttandosi di sotto all’albero, si dette a scappare verso la foresta.

Arrivato vicino a casa, vi lascio pensare come rimase, quando, portandosi una mano di dietro, si accorse che la sua coda non c’era più.

La coda era rimasta in bocca al coccodrillo, che a quell’ora l’aveva bell’e digerita.

Preso dalla disperazione e vergognandosi a farsi vedere dalla sua famiglia in quello stato compassionevole di scimmiottino scodato, Pipì infilò per una viottola solitaria, camminando all’impazzata fino a notte chiusa, senza sapere neanche lui dove andasse a battere il capo.

Finalmente, non potendone più dalla stanchezza e dal sonno, si sdraiò sopra un monticello di frasche secche per riposarsi un poco.

E in quel mentre che era lì lì per appisolarsi, sentì negli orecchi una voce minacciosa, che gli gridò imperiosamente:

— Rendimi la mia pipa!... —

Lo scimmiottino, svegliandosi tutto spaventato, voleva fuggire; ma non potè: perchè in men che non si dice, si trovò preso, rinchiuso in un sacco e caricato sulla groppa di una bestia con quattro zampe, che cominciò a correre di gran carriera.

― Che bestia sarà mai quella che mi porta via con tanta foga? — pensava lo scimmiottino tremando dalla paura. Se per caso è un leone, sono bell’e perduto!... Se per disgrazia è una tigre, peggio che mai!... Se è una