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― Pazienza! Se non trovo altro, mi rassegnerò a mangiare questo scimmiottino, che ho qui in tasca. ―

Il povero Pipì, udendo tali parole, cominciò dalla passione a grattarsi il naso e gli orecchi.

― Ma se voi mangiate lo scimmiottino, ― rispose ilsolito brutto ceffo ― che cosa vi dirà la Fata dai capelli turchini?

― La Fata non potrà farmi nessun rimprovero, perchè io le ho promesso di portarglielo vivo o morto. In ogni caso, se mi verrà voglia di mangiarmelo per la strada, serberò intatta la pelle, perchè la Fata possa vederla con i propri occhi, e accertarsi così che ho adempito lealmente i suoi comandi.

― Avete ragione, maestro. Dunque buon viaggio e sollecito ritorno. ―

Appena gli assassini ebbero preso congedo dal loro condottiero, si attaccarono sotto le braccia delle grandi ali di tela incerata e, spiccato il volo, si alzarono in aria con grandissimo fracasso, come un branco di corvi spaventati.

Golasecca, rimasto solo, seguitò il suo viaggio attraverso ai campi, ai fiumi e alle boscaglie, senza fermarsi mai, mai, mai!

Dopo aver camminato due giorni e due notti, senti uscire dalla tasca della sua giacca una vocina soffocata, che pareva venisse di sottoterra, la quale disse con tono di piagnisteo:

― Ho fame!... Ho tanta fame!... ―

Golasecca, invece di rispondere, si accarezzò la sua lunghissima barba di caprone, e raddoppiando il passo, tirò diritto per i fatti suoi.