Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/170

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un poco di lungi; ma non sì ch’elli non conoscesse che onorevol gente possedea quel luogo, e però domandò Virgilio chi fossono costoro che aveano tanto vantaggio dalli altri ch’aveano lo fuoco, e li altri no. E Virgilio allora li rispose che per la fama che aveano avuta nel mondo, aveano acquistato grazia d’avere quel vantaggio dalli altri; e mentre che così ragionava con Virgilio udì una voce che diceva: Onorate l’altissimo poeta: l’ombra sua, ch’era partita da noi, ritorna. E poi che la voce fu ristata dice che vide quattro ombre venire verso loro, nè liete, nè triste: allora Virgilio lo dichiarò chi elli fossono, dicendo che quelli, che venia innanzi con una spada in mano, era Omero sommo poeta, l’altro Orazio satiro, il terzo Ovidio, e l’ultimo Lucano; e perchè sono tutti e quattro poeti com’io, mi fanno onore e fanno bene: imperò che onorando me, onorano sè medesimi, e così s’aggiunsono insieme questi quattro poeti con Virgilio. E poi ch’ebbono alquanto ragionato insieme, si volsono in verso Dante con atto salutevole, di che Virgilio sorrise, et ancora feciono tanto più d’onore a Dante che lo feciono di loro brigata, sicchè elli fu il sesto poeta con quelli cinque detti di sopra: e così se n’andarono tutti e sei infino al lume detto di sopra, parlando cose che in questa comedia si convengono tacere, perchè non sono pertinenti alla materia, così com’era conveniente di dirle qui, tra lor sei poeti: e così parlando vennono in piè d’uno nobile castello con sette mura d’intorno e con uno bel fiumicello, e questo fiume passarono come terra dura, et entrò per sette porte Dante insieme co’ detti cinque poeti, e giunsono in uno bel prato molto verde e fresco. E quivi vide gente di grande autorità e gravità, che parlavano rado e con soavi voci, e recaronsi dall’uno lato et in luogo alto, e luminoso, sì che bene si poteano vedere tutti. Et allora Dante vide Elettra con molti compagni, tra’ quali conobbe Ettor et Enea, Cesare, Camilla, Pentesilea, lo re Latino, Lavina sua figliuola, Bruto, Lucrezia, Giulia, Marzia, Cornelia, e il Saladino. E poi che ragguardò più in alto vide Aristotile sedere tra’ filosofi, lo quale tutti ragguardavano, et onoravano: e quivi vide Socrate, e Platone che stavano più presso ad Aristotile che li altri: vide Democrito che pone ogni cosa esser fatta nel mondo a caso et a fortuna, Diogene, Anassagora, Tale, Empedocles, Eraclito, Zenone, Dioscoride ricoglitore delle qualità dell’erbe e delle piante e de’ frutti, Orfeo, Tullio, Lino, e Seneca morale filosofo: e vide Euclide che fu geometra, Tolomeo che fu astrologo, Ipocrate, Avicenna, Galieno maestri della medicina, Averrois che fece lo commento sopra Aristotile. All’ultimo si scusa l’autore ch’erano assai più; ma non può dire a pieno di tutti: però che lunga materia à a trattare che sollicita sì, che spesse volte lascia delle cose fatte che non le dice,