Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/266

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222 i n f e r n o

19Flegias, Flegias, tu gridi a voto,
     Disse lo mio Signore, a questa volta:
     Più non ci avrai, che sol passando il loto.
22Quale colui, che grande inganno ascolta
     Che li sia fatto, e poi se ne rammarca,
     Fecesi Flegias nell’ira accolta.
25Lo Duca mio discese nella barca,
     E poi mi fece entrare appresso lui,
     E sol, quand’io fui dentro, parve carca.
28Tosto che il Duca, et io nel legno fui,
     Secando se ne va l’antica prora
     Dell’acqua più, che non suol con altrui.
31Mentre noi corravam la morta gora,
     Dinanzi mi si fece un pien di fango,
     E disse: Chi se’ tu che vieni anzi ora?
34Et io a lui: S’io vegno, io non rimango;
     Ma tu chi se', che sì se’ fatto brutto?
     Rispose: Vedi, che son un che piango.
37Et io a lui: Con piangere e con lutto,
     Spirito maledetto, ti rimani:
     Ch’io ti conosco, ancor sia lordo tutto.1
40Allora stese al legno ambo le mani;
     Perchè il Maestro accorto lo sospinse,
     Dicendo: Via costà con li altri cani.
43Lo collo poi con le braccia m’avvinse:2
     Baciommi il volto e disse: Alma sdegnosa,
     Benedetta colei, che in te si cinse.
46Questi fu 3 al mondo persona orgogliosa:
     Bontà non è, che sua memoria fregi:
     Così se l’ombra sua qui furiosa.

  1. v. 39. C. M. ancor sii lordo
  2. v. 43. C. M. poi che le
  3. v. 46. Quei fu