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238 i n f e r n o   viii. [v. 96-108]

di Dio. E quanto alla lettera dimostra che in alcun modo è più da levare l’uomo dal buono proponimento, che con la paura; e moralmente che chi perde la ragione, che è guida, mai non può compiere cosa d’intelletto che n’abbia onore, come è lo presente poema.

C. VIII — v. 96-102. In questi due ternari l’autor nostro finge come spaurito per quel ch’avea udito, ricorse a Virgilio, dicendo: O caro Duca mio; cioè Virgilio, che più di sette Volte m’ài sicurtà renduta; quasi dica: Molte volte m’ài fatto sicuro, e questo è vero quanto alla lettera, come appare nel poema, che è ito innanzi, quante volte Dante è impaurito, e Virgilio l’à assicurato; et allegoricamente ancora intendendo per Virgilio la ragione, la quale nelle paure conforta l’uomo, e tratto D'altro periglio; cioè cavato d’altro pericolo che non è questo, che incontra mi stette; questo dice per la lupa che li apparve al montar dal monte1 che lo facea rovinare nella valle silvestra, se non che Virgilio li apparve, e quindi lo trasse, come appare di sopra nel primo canto, e l’allegoria fu posta in quel luogo, e però la lascio. Non mi lasciar, diss’io; Dante, così disfatto. Assai rimarrebbe disfatto chi perdesse la guida andando per l’inferno, e questo è quanto alla lettera; ma allegoricamente assai rimane disfatto chi comincia una opera, et elli sia abbandonato dalla ragione che il guida: imperò che non la può recare a perfezione. E se il passar più oltre c’è negato; cioè se non si può andare più oltre, Ritroviam l’orme nostre; cioè le pedate nostre; cioè per la via per la qual siamo venuti in fino a qui, insieme; tu Virgilio, et io Dante, ratto; cioè tostamente, innanzi ch’altro impaccio ci vegna; e questo è quanto alla lettera. Quanto all’allegoria s’intende che se al poeta viene meno lo sapere procedere più oltre nel suo poema, innanzi se ne dee rimanere ch’andar più oltre; e così d’ogni opera, che l’uomo fa in questo mondo, puossi ancora intendere, che quando s’avviene a materia alla quale non possa aggiugnere il suo ingegno, che ritorni a quello che è possibile, e questo è trovare le pedate prime.

C. VIII — v. 103-108. In questi due ternari l’autor nostro pone il conforto che Virgilio diede alla sua paura, dicendo: E quel Signor; cioè Virgilio. E qui si dimostra che Dante per Virgilio intende la ragione: imperò che Sallustio dice:  Sed dux atque imperator vitae animus est, qui ec.; e l’animo è quel che usa la ragione, che lì m’avea menato; cioè avea menato quivi me Dante; cioè a quel luogo, Mi disse; cioè a me Dante: Non temer, che il nostro passo Non ci può torre alcun: da tal n’è dato; cioè da Dio ci è conceduto, alla cui potenzia niuno può contrastare. E per questo dimostra che l’altezza

  1. C. M. montare del bel monte