Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/284

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240 i n f e r n o   viii. [v. 121-130]

dolenti case? Questo dice interrogativamente per mostrare indegnazione, quasi dicesse: Guarda chi non mi lascia entrare?

C. VIII — v. 121-130. In questi tre ternari e uno verso l’autor nostro finge come Virgilio ritornato a lui, lo conforta dicendo: Poi che Virgilio sospirando disse le parole dette di sopra, Et a me; cioè Dante, disse; quel che seguita: Tu; cioè Dante, perch’io; cioè Virgilio, m’adiri; cioè mi crucci, Non sbigottir, ch’io vincerò la prova; cioè ch’io v’enterrò 1 pur teco, Qual ch’alla difension dentro s’aggiri; cioè benchè dentro s’aggiri intorno alle mura per quelli dentro alla difensione, come si fa dalli assediati nelle castella e nelle cittadi. Questa lor tracotanza; cioè questa lor presunzione de’ demoni che pensano da sè potere quel che non possono, non è nova; perchè altra volta è stata; e però dice: Che già l’usaro a men secreta porta. Qui mostra Virgilio a Dante per similitudine, come già altra volta li demoni vollono ricalcitrare al divino volere, e perderono la pruova; e però dice che altra volta l’usarono a porta men secreta; cioè alla prima dell’inferno, che è men secreta che questa della città Dite, perchè quella è nella prima entrata; e questo è nel sesto cerchio, e questo fu quando Gesù Cristo venne al limbo per ispogliarlo, e di questo intende qui l’autore. La qual sanza serrame ancor si trova. Questo dice perchè quando Cristo discese al limbo, tutte le serrature della prima porta dell’inferno si spezzarono, e rimase la porta aperta; e questo si dice litteralmente, per accordarsi col Salmista che disse: Attollite portas, principes, vestras ec. Ma allegoricamente s’intende che si ruppono tutte le leggi, e tutte le sentenzie date per la disubbidienzia, ovvero peccato del primo uomo, per l’obbedienzia di Gesù Cristo, e rimase poi aperta la porta della morte eterna: imperò che innanzi alla passione di Cristo v’andava ognuno, poi non v’è ito, se non che 2 à voluto per lo suo peccato, e non volutosi pentere: Sopr’essa vedestù la scritta morta. Dichiara qual porta fu quella, dicendo che fu quella sopra la quale vide scritti certi versi di colore morto, come fu detto di sopra nel terzo canto, cioè: Per me si va nella città dolente. — E già di qua da lei discende l’erta, Passando per li cerchi sanza scorta. Ora conforta Virgilio Dante, dicendo come la porta loro fu aperta, dicendo che già era dentro alla detta porta, e scendea la montata giù per li cerchi che 3 siamo passati noi, sanza guida: chè

  1. Enterrò, entrerò. Il raddoppiamento dell’r induce la sincope usata dai padri di nostra lingua, come non di rado si vede nello stesso Allighieri, che à merrenti, misurrebbe e cotali. E.
  2. C. M. chi a voluto; - ed il nostro Codice - che à voluto - e noi lasciamo così, perchè torna facile sottintendervi uomo. E.
  3. Che; per che, per i quali. Codesta maniera di adoperare il relativo senza veruna particella è comune ai nostri Classici. E.