Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/383

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   [v. 115-126] c o m m e n t o 339

domandò d’essere loro terzo amico: imperò che avendo condannato l’uno a morte, et elli domandò termine tanto, che potesse andare a casa sua a disporre i fatti suoi, lasciando per stadico l’altro. Avuta la licenzia da Dionisio per provare questa fede d’amicizia, tornò appunto all’ora del termine; onde Dionisio maravigliandosi di questa fede, perdonò all’uno per debito et all’altro per grazia, e domandò essere lo terzo amico. Et intendendo che l’autor parli d’Alessandro fereo, vuol dire il testo: Che fer Sicilia 1 aver dolorosi anni; cioè Alessandro fereo e Dionisio siracusano, sotto la signoria de’ quali Sicilia fu molto oppressata d’avversitadi e sì per la crudele tirannia e sì per le guerre; et intendendo d’Alessandro Magno, dè dire: Che fe Sicilia aver dolorosi anni; et allor s’intenderà pur di Dionisio. E quella fronte, che à il pel così nero, È Azzolino. Mostra Nesso a Dante Azzolino di Romagna e descrivelo per li neri capelli che ebbe, e però parla della fronte denotando per la parte lo tutto; il qual Azzolino fu genero dello imperadore Federigo e fu aspro tiranno e signoreggiò la Marca trevigiana e signoreggiò Padova, Verona e Vicenza e Trivigi, e fece molte crudeltà, tra l’altre fece ardere insieme 162 uomini di Padova. e quell’altro, che è biondo; dopo Azzolino dimostra Nesso a Dante Opizzo d’Esti, descrivendolo per segni che fu biondo, e però dice: È Opizzo da Esti. Questo Opizzo fu marchese di Ferrara e possedette Modona e Reggio, e poi che fu in signoria perseguitò la parte contraria a lui et uccisene molti et in ultimo fu ucciso dal figliuolo; e perchè pare una abominazione lo chiama figliastro, e molti dicono che fu pur figliastro, e questo fece per avere la signoria, e però dice, il qual; Opizzo, per vero Fu spento dal figliastro su nel mondo; quanto alla vita corporale. Allor mi volsi al Poeta; cioè a Virgilio io Dante: però che Dante era innanzi a lui, e quasi vergognandosi d’andare, dice che si volse a lui per vedere quel che dicesse, et aggiugne: e quei; cioè Virgilio, disse: Questi; cioè Nesso, ti sia or primo, et io secondo; e questo era ragionevole, considerando che Nesso era la guida, e la cagione fu assegnata di sopra; appresso perchè nominava persone non note appo li poeti, sicchè dirittamente fìnge che li mostri Nesso e nominigli.

C. XII— v. 115-126. In questi quattro ternari l’autor nostro finge come Nesso, andando più oltre mostrò gente ch’era nel sangue infino alla gola, e come vidono gente 3 ch’erano fuor del sangue infino alle gambe et infino a’ piedi e che molti ne conobbe, e qui Nesso fermò lo passo, dicendo: Poco più oltre; cioè che il luogo detto di sopra, il Centauro; cioè Nesso, s’affisse; cioè si fermò, Sopr’una gente, che infino alla gola Parea che di quel bulicame uscisse. Chiama bulicame

  1. C. M. Che fen Cicilia
  2. C. M. quaranta omini
  3. C. M. vide genti