Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/444

Da Wikisource.
400 i n f e r n o

100Nè per tanto di men parlando vommi1
      Con ser Brunetto, e domando chi sono
      Li suoi compagni più noti, e più sommi.
103Et elli a me: Saper d’alcuno è bono;
      Delli altri fìa laudabile tacerci:
      Chè il tempo saria corto a tanto sono.
106In somma sappi, che tutti fur cherci,
      E litterati grandi e di gran fama,
      D’un medesmo peccato al mondo lerci.
109Priscian sen va con quella turba grama,
      E Francesco d’Accorso; anco vedervi,
      Savessi avuto di tal tigna brama,
112Colui potei, che dal Servo de’ servi
      Fu trasmutato d’Arno in Bacchiglione,
      Dove lasciò li mal protesi nervi.
115Di più direi; ma il venir e il sermone
      Più lungo esser non può: però ch’io veggio2
      Surger là nuovo fumo del sabbione.3
118Gente vien con la quale esser non deggio:
      Siati raccomandato il mio Tesoro,4
      Nel quale io vivo ancora; e più non cheggio.
121Poi si rivolse, e parve di coloro,
     Che corrono a Verona il drappo verde
     Per la campagna; e parve di costoro
124Colui che vince, e non colui che perde.

  1. v. 100. C. M. Non per tanto
  2. v. 116. C. M. perchè io veggio
  3. v. 117. C. M. Là surger
  4. v. 119. Sieti