Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/791

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compagne la bugia, o vero la falsità, sanza le quali non si truova mai, nè non può essere; e questo è cupidità, furto, malinconia, pensieri, inganno, paura e rabbia; cioè tristizia d’animo, simulazione e dissimulazione. Simulazione è fingere vero quello che non è vero; dissimulazione è negare quello che è vero; e quando la falsità si commette in fatti, sempre queste due compagne sono con essa, et ancora à alcuna volta la bugia per sua compagnia per lo spergiuro; ma quando si commette in detti, che è bugia, possono essere insieme, et ancora può essere pur l’una. Et à la falsità queste figliuole; infamia, viltà, abominazione, corruzione, et alcuna volta infermità e povertà. Li rimedi contra sì fatto peccato sono questi; cioè proponimento di non partirsi in detto, nè in fatto dal vero; considerazione delle pene, che merita così fatto peccato, temporali e spirituali, e considerare quanto d’onore e di bene à la lealtade. Ora sono da considerare le pene le quali l’autore finge essere ordinate a sì fatto peccato, le quali sono queste e sono x; cioè che prima finge che si lamentino e piangano, a denotare la loro infermità; secondo, che giacciono, a denotare la loro viltà; terzio, che putano, a denotare la loro viltà1, o corruzione; quarto, che sono ignudi, a denotare la loro povertà2; quinto, che sieno lebrosi, a denotare la loro corruzione; sesto, che sieno piagati, a denotare la loro infamia; settimo, che sieno idropici, a denotare la cupidità dell’avere, per la quale si mettono li uomini a sì fatto peccato; ottavo, che abbino grandissimo pizzicore, a denotare le grandi cure e sollecitudini che ànno li falsari a occultare le loro falsità; e nono, che abbino tremore, a denotare la paura che ànno che non si scuopra la falsità loro; et ultimo, che corrono rabbiosi mordendo altrui, a denotare la loro rabbiosa cupidità la quale si truova in alquanti. E veramente sì fatto peccato à in questa vita sì fatte pene, come dimostrato è; e convenientemente finge l’autore che sieno di là nell’inferno: imperò ben si convengono a sì fatto peccato. Ora dice adunque così lo testo, poi ch’à detto della puzza, della infermità, del pianto e lamento: Qual sopra il ventre; di quelli peccatori, e qual sopra le spalle L’un dell’altro giacea; e per questo significa che ve n’era grande moltitudine, e qual carpone Si trasmutava per lo tristo calle; cioè per quella bolgia; e questo dice, a mostrare la loro bestialità che, come bestie sono vivuti amando pur li beni terreni; così come bestie vanno co’ piedi e con le mani, volto il volto in verso la terra. Passo passo andavan sanza sermone; cioè io e Virgilio, Guardando et ascoltando gli ammalati; cioè della x bolgia, Che non potean levar le lor persone; in che si nota la lor viltà. Io vidi; ora specialmente narra di due i quali no-

  1. C. M. la loro abominazione; quarto,
  2. C. M. la loro paura; quinto,