Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/823

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c a n t o   xxxi. 779

22Et elli a me: Però che tu trascorri
      Per le tenebre troppo dalla lungi,
      Avvien che poi nel maginare aborri.1
25Tu vedrai ben, se tu là ti congiungi,
      Quanto il senso s’inganna di lontano;
      Però alquanto più te stesso pungi.2
28Poi caramente mi prese per mano,
      E disse: Prima che noi siam più avanti,
      Acciò che il fatto men ti paia strano,
31Sappi che non son torri; ma giganti,
      E son nel pozzo intorno dalla ripa
      Dall’ombellico in giuso tutti quanti.
34Come, quando la nebbia si dissipa,
      Lo sguardo a poco a poco raffigura
      Ciò che cela il vapor che l’aere stipa;
37Così, forando l’aere grossa e scura,
      Più e più appressando in ver la sponda,
      Fuggemi errore, e crescemi paura.
40Però che come in su la cerchia tonda3
      Montereggion di torri si incorona;
      Così la proda, che il pozzo circonda,
43Torreggiavan di mezza la persona
      Li orribili giganti, cui minaccia
      Giove del Cielo ancora, quando tuona.
46Et io scorgea già d’alcun la faccia,
      Le spalle e il petto, e del ventre gran parte,4
      E per le coste giù ambo le braccia.

  1. v. 24. Aborri; aberri, cambiata in o l’e ad esempio de’ Latini i quali dissero vortit, voster per vertit, vester. Leggesi presso Ennio «Avorsabuntur semper vos, vostraque volta». E.
  2. v. 27. C. M. Però te stesso alquanto più pungi.
  3. v. 40. C. M. come su la cerchia
  4. v. 47. C. M. e il ventre, e del petto