Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/857

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questo luogo Caina, Potrai cercare, e non troverai ombra Degna più d’esser fitta in gelatina; cioè nella ghiaccia di Cocito, ove stanno l’anime fitte nella ghiaccia, come li polli nella gelatina: Non quelli, a cui fu rotto il petto e l’ombra; cioè lo petto e le spalle; e questo dice sotto figura: imperò stando l’uomo col petto al sole, di retro mostra l’ombra, et essendo rotto il petto sì, che passasse di là, verrebbe ancora rotta l’ombra; e sotto questa fizione parla lo autore, a mostrare che il colpo passò da l’uno lato all’altro, Con esso un colpo per le man d’Artù; cioè del re Artù, che fu capo della Tavola Ritonda e fu re di Brettagna. Questi si fu Modite suo figliuolo lo quale si ribellò dal padre, e cercava d’ucciderlo a tradimento sì che il detto re Artù, avendolo compreso nell’aguato, lo passò con una lancia dal petto alle spalle; unde fa mensione1 de quelli due, che costui ponendo che coloro sono più degni di quella pena, che Madite ne fosse assai degno: imperò che coloro usarono tradimenti ad altri loro parenti, Non Focaccia: questo Focaccia fu de’ Rinieri da Pistoia, uomo scelerato, et a tradimento uccise uno suo zio; e però fa comperazione di costui ancora a’ detti conti, dicendo: Ancora sono essi qui2 degni di questa pena che Focaccia, non questi, che m’ingombra Col capo sì, ch’io non veggio oltre più; fa ora la terza comperazione di Sassol Mascheroni, che fu de’ Tosci da Fiorenza; lo quale, scelerata persona, ancora uccise uno suo zio a tradimento, dicendo che ancora li detti conti ne sono più degni; or dice ch’elli è sì allato al capo suo, ch’elli non potea vedere più là delli altri, e nominalo, dicendo: E fu nomato Sassol Mascheroni; questo del quale ti parlo, Se Tosco se’; tu, con cui io parlo, ben sai omai chi fu; questo Sassolo: imperò che fu fiorentino.

C. XXXII — v. 67-72. In questi due ternari finge l’autore che, manifestatoli alquanti di quelli del primo giro, manifesti sè medesimo; et oltre di ciò, dice che ne vide molti di quella condizione, e però dice: E perchè non mi metti in più sermoni; parla colui ch’à parlato in fino qui, e dice a Dante: Acciò che non mi domandi più, et io non t’abbia più a rispondere, Sappi ch’io sono il Camiscion de’ Pazzi; ora si nomina costui, secondo che finge l’autore, e dice che fu messer Alberto, vocato Camiscion de’ Pazzi da Fiorenza, il quale uccise messer Ubertino suo zio a tradimento, intanto che per parentado non si guardava da lui, Et aspetto Carlin che mi scagioni: questo Carlino fu ancora de’ Pazzi di Fiorenza, e fu cavalliere, et ancora uccise uno suo zio, e però dice ch’aspetta lui che con la sua nuova infamia cuopra la sua infamia antica; o forse che fu più scelerato tradimento quello di messer Carlino: le circustanzie del

  1. C. M. menzione di
  2. C. M. sono più degni ellino di