Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/890

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846 i n f e r n o

73Appigliò sè alle vellute coste.
      Di vello in vello giù discese poscia
      Tra il folto pelo e le gelate croste.
76Quando noi fummo là, dove la coscia
      Si volge a punto in sul grosso dell’anche,
      Lo Duca con fatica e con angoscia
79Volse la testa ov’elli avea le zanche,
      Et aggrappossi al pel, com’uom che sale,
      Sì che in Inferno io credea tornar anche.
82Attienti ben, che per cotali scale,
      Disse il Maestro, ansando come uom lasso,
      Conviensi dipartir da tanto male.1
85Poi uscì fuor per lo foro d’un sasso,
      E puosesi in su l’orlo a sedere;2
      Appresso porse a me l’accorto passo.
88Io levai li occhi, e credetti vedere
      Lucifero, com’io l’avea lasciato,
      E vidigli le gambe in su tenere.
91E s’io divenni allora travagliato,
      La gente grossa il pensi, che non vede
      Qual è quel punto, ch’io avea passato.3
94Levati su, disse il Maestro, in piede:
      La via è lunga, el cammino è malvagio,
      E già lo Sole a mezza terza riede.
97Non era caminata di palagio
      Là ’v’eravam; ma natural burella,
      Che avea mal suolo, e di lume disagio.
100Prima che dell’abisso mi divella,
      Maestro mio, diss’io quando fui dritto,
      A trarmi d’erro un poco mi favella:

  1. v. 84. C. M. di tanto
  2. v. 86. C. M. E puosemi
  3. v. 93. C. M. avea lassato.