Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/92

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   48 i n f e r n o   i. [v. 100-111]

nendo sempre verginità; e poi che fu cresciuta, morto il padre, ritornò nel suo reame, et essendo reina delli Volsci, quando lo troiano Enea venne in Italia con li Troiani e fece parentado col re Latino, re di Laurenzia, pigliando la sua figliuola chiamata Lavina1 per moglie, del nome della quale Enea, crescendo la città Laurenzia chiamò poi Lavino, fu con Turno re de’ Rutoli contra ad Enea. E dopo molte battaglie la detta Camilla fu morta presso a Laurenzia da uno Troiano che ebbe nome Arunte, e poscia il detto Turno re de’ Rutoli che erano in campagna, fu morto ancora dal detto Enea re, venendo a singular battaglia, per ch’elli voleva la detta Lavina per moglie, che gli era stata promessa da la reina Amata, moglie del detto re Latino, ch’era madre della detta Lavina, e parente del detto re Turno, secondo che dice Virgilio; e però seguita: Eurialo, e Niso e Turno di ferute. La storia di Turno è nota per quel che è detto, e Virgilio molto bene ne tratta nella sua Eneida.
     Resta ora a dire d’Eurialo e di Niso, i quali, secondo Virgilio, furono Troiani, e vennono con Enea da Troia; e posta da Enea la città nel campo Laurento, che la chiamò Troia dal nome della contrada donde era venuto, sentendo il movimento della guerra che apparecchiava Turno di farli, del quale detto è di sopra, per la cagione sopra detta, andò al re Evandro, che signoreggiava dove è ora Roma, per dimandarli aiuto per fidanza di antica amistà; et avuto aiuto da lui, et ancora consiglio che venisse in Toscana a domandare aiuto contro Turno, perchè li Toscani erano suoi inimici, perchè riteneva e favoreggiava lo loro re Mesenzio cacciato da loro per la sua crudeltà, venne in Toscana et in quel mezzo Turno assediò la sua città2 ponendovi l’oste, e combattella aspramente. Intanto che i Troiani, dubitando di potere sostenere, deliberarono di mandare per Enea loro re, il quale era ito in Toscana per acquistare aiuto, e non trovandosi così prestamente chi andasse per lui: però che l’andata era dubbiosa, perchè la città era assediata, due giovanetti nobili di generazione, li quali erano grandissimi compagni, intanto che sono contati per uno paio d’amici tra forse cinquanta coppie, che ne conta Tullio nel libro della Amicizia; cioè Niso et Eurialo, dei quali Eurialo era più garzone, stando una notte alla guardia della porta si deliberarono insieme d’essere quelli che andassono per Enea, sperando di potere passare per lo campo se vedeano spenti i fuochi, che era segno che mala guardia si facesse nel campo, e così se ne andarono3 a’ maggiori e profersonsi d’andare;

  1. I padri di nostra lingua, imitando i Latini, fognavano spesso l’i nei nomi terminati in ia ed io. Dunque non si creda per licenza o per rima Lavina, matera, Tarquino, impero e via dicendo.  E.
  2. C. M.  assalitte la sua gente e posevi l’oste.
  3. C. M.  sene vanno.