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Pagina:Commedia - Inferno (Lana).djvu/125

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INFERNO. — Canto II. Verso 53 a 59 121

     E donna mi chiamò beata e bella,
     Tal che di comandare io la richiesi.
Lucevan li occhi suoi più che la stella;
     E cominciommi a dir soave e piana,
     Con angelica voce, in sua favella:
O anima cortese Mantovana,
     Di cui la fama ancor nel mondo dura,



del quale ella ebbe maggiore nominanza al mondo. E questo modo di parlare è fittivo e poetico, per lo quale non si dee intendere pure quella persona di ch’ivi parla elli, ma deesi intendere che quel vizio del quale elli ragiona, è punito per la giustizia in tal modo; ed è universalmente una così fatta regola che sempre per lo opposito si punisce o purga lo peccato, sicome pare in li indivinatori , che sicome s’hanno voluto vedere troppo inanzi lo tempo, così li punisce per opposito ch’hanno volte le faccie indrieto; ancora li superbi che sicome hanno voluto superchiare altri, cosi sono da altri superchiati, cioè che purgandosi portano grandi pesi etc. E er questo sopra detto modo scrive che Virgilio è in lo limbo, e dice sospeso, cioè che non gli è fatta alcuna novità; non hanno gloria perchè non ebbeno fede; non hanno pena perchè non funno viziosi.

V. 53. Dante intende dimostrare in questo luogo come lo suo intelletto era abile e disposto a volere intendere a teologia. E imagina che questo suo intelletto abbia sua idea in cielo, la quale idea ello apella Lucìa, o gentile, cioè chiara e nobile. E imagina che questa idea sì si lamenti dello stato di Dante,ch’era vizioso ed insciente, per lo quale lamento si mosse Beatrice a pregare Virgilio che ’l soccorresse. Or quello che questa allegorìa hae a significare è che reggendosi Dante in sì imperfetto stato, propose di volere uscire ed imprendere teologìa.

54. Segue suo poema mostrando come tutte scienzie sono suddite a teologìa. E soggiunge alcune lode a Virgilio dicendo: anima cortese mantovana, del quale tanta nominanza è e sarà tanto che ’l mondo durerà: sappi che l’amico mio, lo quale non è amico della ventura, è impedito e impacciato dalla viltade sì che si rimuove da alto proposito; muovi con la tua parola ornata e con tutto quello ch’ha mestieri, a sua scampa, acciò che dal buono proposito non si tolla. E tacitamente dice: va tosto ch’io temo ch’ elli non sia già sì smarrito ed errato dalla dritta via, che troppo avrai tardato suo soccorso. Circa le quali parole è da notare tre cose.


La prima è lo modo del suadere altrui quando è bisogno lo suo servizio, cioè di ricitarli sua bontade e suo onorevile essere, e dice: di cui la fama. Ancora come lo uomo dee andare per soccorso a quelli che puonno e sanno fare e non ad altri, acciò che abbiano suo intento: e però dice: Or muori e con la tua parola