Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/164

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46 INFERNO minio francese, e salito al regno egli ignoto soldato. Del collocare in luogo di salvazione anime d'uomini non nati alla Fede, rende Dante ragione nel ventesimo del Paradiso, ove Rifeo troiano è nell' occhio dell'Aquila con Davide e con altri santi: ma più strano forse parrà questo Maomettano nel limbo a chi non pensa quanto sia strano collo- carci Giulio Cesare e Democrito e Seneca. Dire eli' e^ sono simboli non serve, giacché possonsi scegliere appropriali anco i simboli. Innalza il Poeta gli occhi e vede gli uomini di scienza, secondo lui, virtuosa o aiutatrice a virtù; e però li pone più in alto, per quello stesso che S. Tommaso pone sopra l'attiva la vita contemplativa. Fino a Zenone il Poeta numera i filosofi teoretici; da Dioscoride in Poi, 1 savii di storia naturale, d'eloquenza e di medicina. L'enumerazione non è tanto confusa quanto pare, E notisi che Orfeo e Lino, poeti teo- logi e insieme della natura. Cicerone e Seneca, che scrissero di cose naturali, non vanno male uniti a que' che di cose naturali filosofarono. Guai posto poi egli assegni ad Omero e a Virgilio e agli altri tre poeti nominati, se sopra Aristotele o sotto, non dice, ma II verso tu ch'onori ogni scienza e arte j e l'altro nel XXI del Purgatorio Col nome che più dura, e più onora, farebbero credere che Dante met- tesse in cima i poeti. Forse Cicerone e Seneca, Orfeo e Lino, fonda- tori di civiltà, rappresentano la filosofia civile e pratica sottordinate alla teorica nel concetto. dì Dante. E invero, siccome Orfeo nella do- dicesima Ode del primo d' Orazio è detto ducere quercus col canto, e nella Poetica porre leggi alle nuove città insieme con Anfione, An- fione perciò rammentato da Dante nel XXXII dell'inferno; cosi Lino in Virgilio, nell'Egloga quarta, è nominato accanto ad Orfeo, questi figliuolo di Calliope, quegli d'Apollo; e n^Ila sesta Lino dà in nome delle Muse a un pastore la zampogna d'Esiodo, poeta naturale e ci- vile anch' esso, con la quale soleva rigidas deducere montibus ornos. E nell' Egloga stessa è paragonato il canto di Sileno a quello d' Or- feo, e dettone rigidas molare cacumina quercus. Dice poi Seneca Morale, per distinguerlo dal tragico, come disse quel Bruto che cacciò Tarquino, per distinguerlo dall' uccisore di Ce- sare. Forse il morale e il tragico a lui erano un solo, ma volle inti- tolarlo così per distinguere il suo pregio maggiore, come disse Ora- zio satiro per assegnare alle 'Salire più valore che alle Odi, delle quali non poche, né delle men belle, tengono della satira, o dell'e- pistola. In quell' epiteto è tutt' intero im ragionamento di critica let- teraria.