Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/35

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vita di dante. xxvii

della vita. L’avess’egli cominciato innanzi l’esilio, certo che poi gli venne e variato e aggrandito il disegno. Ma certo è altresì che dai primi canti (rinnovellati o no) le proporzioni dell’intero poema erano già con esattezza matematica misurate1. Dote degl’ingegni sovrani; l’imaginazione potente, ma signoreggiata dall’intelletto, e però signora di sè.

Nuove speranze, duramente deluse. Nel 1307 un esercito condotto dal cardinale degli Orsini assale i Neri; è respinto. Il Poeta ha in Lunigiana ospitalità dai buoni marchesi di Malaspina, discendenti di que’ Frangipane da’ quali si vuole che anco gli Allighieri avessero origine. Poi valica l’Alpi, e vede la Francia, e negli studi teologici si profonda. Forse di là trapassò in Inghilterra.

Ad Alberto imperatore, ucciso, succedeva Enrico VII, che nel seguente anno si appresta al viaggio d’Italia. Allora le speranze di Dante gli dettano quella rabbiosa lettera contro Firenze, o piuttosto contro la parte che quivi teneva alta la fronte. Egli le implora l’ira d’Enrico, e la chiama co’ più abbominevoli nomi: macchia grande in vita sì pura, se non la lavassero in parte le parole d’affetto più mite ch’egli poi proferì mansuefatto dal dolore impotente e dagli anni. Del resto, Enrico, mediocre uomo, amava il bene d’Italia a modo suo e de’ tempi, e tendeva a riconciliazione sincera con qualche condimento di stragi e di sfratti. Mal fece: ma Italiani parecchi avrebbero, nella condizione sua, fatto di peggio.

Il Poeta, veduto che l’ebbe (forse in Lombardia) e stato forse un poco a Forlì, se n’andò ad aspettarlo in Toscana. Dopo resistenze molte, superate a stento, l’imperator è finalmente sotto le mura di Firenze, il nerbo de’ Guelfi: la quale aveva richiamati taluni de’ fuorusciti, eccettone Dante con quattrocento e più altri. Ma il prolungato assedio fa l’imperatore spregevole. Dante, a quanto sappiamo, nel campo non era; fosse diffidenza dell’esito, o piuttosto pudore d’Italiano. Ma levato l’assedio, dopo un vano armeggiare altro poco, Enrico nell’agosto del 1313 muore. Nè Dante cessò d’onorarlo com’unico salvatore d’Italia. Tanto errano coloro che la sua dottrina politica fanno pura di pregiudizii e di passione. Egli che d’essere nato de’ nobili se ne teneva, che voleva gli ordini civili distinti, e poche mani regger la somma delle cose; egli che con Aristotele pensava, altri uomini essere nati a governare, altri a ubbidire, non era in tutto precursore de’ liberi d’oggidì.

  1. Veggasi l’XI e il XXIX dell’Inferno e il XXXIII, che rispondono al primo e al XXXIII del Purgatorio; ma veggasi segnatamente la corrispondenza del II dall’Inferno col XXXII del Paradiso.