Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/453

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XXVII. 3r 42. A Minòs mi portò: e quegli attorse Otto volte la coda al dosso duro; E, poi che per gran rabbia la si morse, 43. Disse: « Questi è de' rei del fuoco furo. » Per eh' io, là dove vedi, son perduto; E, sì vestito andando, mi rancuro. — 44. Quand'egli ebbe '1 suo dir così compiuto, La fiamma, dolorando, si parti'o, Torcendo e dibattendo '1 corno aguto. 45. Noi passammo oltre, e io e '1 duca mio, Su per lo scoglio, infino in su 1' altr'arco Che copre 'l fosso in che si paga il fio A quei che scommettendo acquistan carco. (SV^ wiP. dolente ! Boccaccio ed altri. — Ln'ii-o Villani. 42. (L) O'io: lo dr'inno all'ottava bolgia. — R'ihbia — di tale reità (SL) R'ibbiii. Si;<7'^- del re del- l' Èrebo ih- yiijiica: Nil hov,xnum mUeroni iratmque omnibuì um- bii^ (\lin. 43 (L) Fuì'o: ladro.— Per eh' : onde. — Sì: così. — Rancìiro: nA dolgo. (SL) Disse. Oltre all'attorcere la roda, fl^enna la boloria. — Furo. Inf.. XXVI: El ogni fiiirnn,n tm pecc'ìfoie iri'ola — Rinrino Ran~ cu a i>er dylo'e nel FuigatoriuX, e in Dante da Mai ano. 45. (L) Scoùlin ddV arpine. —' Ar- co : ponte. — ScommeVendo: met- tendo disoorfli^i. — Cai co di colpa. (SL) Corco. Diciamo: carico di coscienza, peto mW anima. La Bib- bia assolutamentB : onus. -o^S^ 1 guizzi della fiamma dìnìnti on semplicità e novità La similitudine d^^l toro di Falaiiiie non così sem- plice nt'll' esifessione ; ma giova a far sentire U'ìi fmte il tormento de- gli ardenti là entro. Del riconoscere la patria all' ac- cento é Cenno e in questo (lanto e in q tello di Karinata e in qupl d' U- go(i(io L'l'ie no sente del nninici- pio assai pili ••tirt le altre flu« Can- iicne : e divvero l^* ferventi angu- ste e i granili olii, in b'e^e spi- zio stretti, di q<ieiiH repnbb'ine, fa<v vano (ieir lulia un inf mo.o piuitosio le i»reiiaravafio il purgato- rio lu!ighis<imu delle monarotiie sen- za giuria. Senonch*^. In mezzo a quel- r Inferno, eran isole beate, abitate da spiriti degni del cielo. Il Canto è pieno di storia. La pron- tezza di Dintp al narrare i guai di Romi-gna, rammenta la pronta ri- sposta ai tre F'«i'-eiiiini ; < qnali però, di'-endogli : Felice te che n parli a tua po<ta !. fatino sentire, come l'i- ronia di qaesi' uomo sia piena di pianto, e tenga del tr'Stn .sorrìso d' .Annib^l^ E in qie.sto C^nto e nel SP-lodel Pivrgaioriu ilelesiasi la sma- nia di enerr. E i sigrio'i delle dì- vi.se rpiHittbiii'he ramtresnntarisi sot- to le bestie, loro insegne ili guerra. N I < oll< qn o tra Gmdo e Bunifa- z"o (<"h' io -redo »"omari/o storico più ohe storia ; e 11 Voltaire lo tradusse comicamente: che non é a Dante gran lode) , gli argomenli gravi, è modo ironico; e il diavolo li ribat- ta con un'altra ironia. Le parole il