Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/457

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CANTO XXVII. 321 Poi mossero un po' innanzi; Ivi trovarono una giovane sposa, Che le ardono e i piedi e le mani, E le casca la lingua fuor delle mascelle (1), E pendono a lei vipere (2) dalle mammelle. Quando la vede la fiammante Maria, Ella tosto all'Apostolo domanda: « In che la trista a Dio peccò, » Che pena a pene gravi ? — » Dirottelo, mia dolce sorella. » Peccatrice ostessa fu, » ^'el vino acqua mescè » E per acqua danari prese; » Ebbe un promesso sposo, » Andò da lui ad altro; » Quando si fu la giovanetta sposata con lui » Gettò sopra sé sorti, » Per non avere con lui frutto del suo seno, » E Dio le scrisse (3) sette figliuoli: » Eccoglieli, sorella, alle mammelle: » Con essi innanzi al Signore anderà. » E andarono un po' più innanzi, E trovarono una vecchia antica; Quest' è la madre della fiammante Maria, A lei ardono e piedi e mani, E arde a lei la chioma in sul capo. E Maria sta lungo sua madre, E addomanda l'antica madre, « Di', madre, in che peccasti? » Potessitì l'anima liberare. » Qui la madre racconta una storia che pare un frammento d'un al- tro Canto ; e gli avrà forse confusi insieme il cantore cieco da cui l'ebbe il signor Vuck Siefanovich. Perché trattasi di donna ch'ebbe quattro mariti, e che maltrattava i ligliastri; il che non ha punto che fare con Maria Maddalena; ma é documento della moralità dei Canti di Serbia, i quali cogli esempi e del bene e del male , ingegnano ia santità degli affetti domestici. Il canto finisce: Ancora la madre lamentarsi voleva. Ma non gliel dà Pietro Apostolo. Ma Pietro per mano l'afferra, E gettala in mezzo i diavoli : « Bada, demonio: tienla, diavolo! (4) » Cosi fu. E Dio ci salvi. In questa santa: che crede poter liberare un'anima dall'inferno hai tradizione simile a quella dell' imperatore Traiano, che per aver resa giustizia a una povera vedova é liberato d'inferno alle preghiere di Papa Gregorio; al che in due luoghi accenna il poema di Dante (5). E nelle tradizioni e serbiche e degli altri popoli cosi come nel, vero {i) Inf, XVII, XXVIII. st'Zia Punùce i falsator* che qui re- (2)Inf., XXIV, XXV. gistra. (3) Inf., XIX : Di parecchi anni mi \ {h) Inf., XXI, XXII. menu lo scritto. - XXIX: Infallibil Giù- (5) Purg., J^; Par., XX. Dante, Inferno, 21