Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/50

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XLII ANCORA DELL* AMORE DI DANTE. una canzone dove la narrazione, per l'evidenza e l'attetto ond'ò colorata, si fa più lirica d'ogni più lirico volo; ge- nere di poesia nuovo, il quale giunge a conferma d'una ve- rità non indegna d'essere meditata: come, nei grandi mo- menti di costituzione o di rinnovellamento intellettuale o sociale, la lirica e la drammatica, siano dalla poesia narra- tiva comprese e quasi assorbite; di che la Bibbia e Omero ed Eschilo stesso, de' cui drammi la narrazione è non pic- cola parte, e i poemi indiani, e il gran poema tedesco, e i frammenti d' Ossian, e la Commedia dantesca, e le ballate con- tenenti le tradizioni volgari, e i canti popolari della Grecia e que' della Serbia, son prova. Vedete come pieno di morte fosse l'amore in quell'ani- ma; come dal sepolcro gli sorgesse più pura e più lieta che mai l'imagine d'una immarcescibile bellezza. P'orte, ben dice la Bibbia, come la morte, e l'amore; e nessun uomo lo senti più che Dante. Amore, morte, immortalità erano nella sua mente una triade generatrice di sé, creatrice di nuo- vo universo. A questi tre nomi noi dobbiamo le tre cantiche. Quando il pensiero dell'amore è scompagnato da quel della morte, e quel della morte dal pensiero deli' immortalità, e la morte ^i fa orribile, e l' amore diventa più aborrevole della morte. Che malinconico, perchè male ricambiato, fosse nell'Al- lighieri l'affetto, io noi vorrei dire. Schiava nel Trionfo d' Amore pone il Petrarca Beatrice con Dante, e Selvaggia con Cino: di che si scandalizza il Castelvetro; e il Tassoni con la solita sveltezza risponde : « Quanto al dire che Bea- trice e Selvaggia non riconoscessero gli amanti e poeti lo- ro, altro testimonio che quello di loro stessi non ne abbia- mo; tanto degno di fede quanto merita l'insaziabilità degli amanti, che sempre ingrate e crudeli chiamano le donne loro. » Ma non è affatto vero, ben nota uno storico de' dan- teschi amori, che Dante, insaziabile sempre, chiamasse Bea- trice ingrata e crudele. E sebben dica nelle sue i?^>><e: Coyi lei non state, che non v* è Amore; narra pure altrove e F arridere delle labbra e l'arridere degli occhi di lei; narra come Beatrice al vederlo si facesse d' una vista pietosa e d'un color pallido; e fa dire a lei stessa che Amore le ha fatto sentir de' suoi dardi. Né si tenace sarebbe durato nel Poeta l'affetto, se da qualche apparente lusinga almeno e' non fosse stato allettato o illuso. Dante, non bello, alla bellezza era non solamente amico, ma accetto, piucchè a poe- ta teologo non dovesse parere desiderabile. Nella Vita Nuo- va vediamo una schiera di donne sospirar de' suoi mali, una donna gentile piangere di compassione al suo letto, due donne chiedergli de' suoi versi; vediamo a lui dall'amore non so