Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/515

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CANTO XXXII. 379 25. E mentre eh' andavamo invèr lo mezzo Al quale ogni gravezza si rauna, Ed io tremava nell'eterno rezzo; 26. Se voler fu, o destino, o fortuna. Non so; ma, passeggiando tra le teste, Forte percossi il pie nel viso ad una. 27. Piangendo mi sgridò : — Perchè mi peste ? Se tu non vieni a crescer la vendetta Di Mont' Aperti, perchè mi moleste ? — 28. Ed io: — Maestro mio, or quiTm' aspetta, Sì ch'i' esca d'un dubbio per costui. Poi» mi farai, quantunque vorrai, fretta. — 29. Lo duca stette. Ed io dissi a colui, Che bestemmiava duramente ancora: — Qual se' tu, che così rampogni altrui? — 30. — Or tu chi se', che vai per 1' Antenóra Percotendo (rispose) altrui le gote, Sì che, se vivo fossi, troppo fora? — 31. — Vivo son io: e caro esser ti puote (Fu mia risposta), se domandi fama, Ch' i' metta il nome tuo tra 1' altre note. — 32. Ed egli a me: — Del contrario ho io brama. Levati quinci, e non mi dar più lagna ; Che mal sai lusingar per questa lama. — tei, rari liberi, propinqiù, familiare^, mi<en lassi (terz. 7). — MonVApetli. sed omnes omnium caritates patria Bocca degli Abati per riavere ia pa- unacomplexa est. tria i perdati onori, alla batlafjlia di 23. (L) Gravezza, peso. Monl'Aperti tagliò la mano a Jicopo (F) Graoezza. Mdteriale, perchè de' Pazzi die pori iva lo stendardo; e tutti i pesi tirano al centro; morale, fu càusa che quattro mila de' Guelfi perché giù si puniscono i peccai più suoi fossero trucidati. Vili., VI, 76,80, gravi. — Eterno. Ezech., XXVI, 20: 28. (L) Qainlunque : quanto. Dcfcendunl in lacum -ad pop'ilum 29. S'etie: si fermò — Qual: chi. sernpilernum. (Fj Daramenle. Jud. Eplst., i5; 26.(SL) Voler. Non sa sì, nell'ira Di omnibus diiris quie locuH sunt a' traditori, avesse cacciato ani pe- conira Dium peccatores impii. data a colui. Tant'era subita in Dante 30. (L) Troppo, il piede hai tanto l'ira. Inf, XV: Qual fortuna, o de- grave! sUno? 31. {D Note del mio canto. 27, (L) Peste: peslì. — Moleìte: mo- 32. (L) Lagna: cagion di lamento. — lesti. Lama: pianura deserta con acque. (SI) Perché: .En., ILI; Quid (SL) Lagjia. GuUlone, lett. 42. miserum laceras? e più sopra if ratei