Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/78

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LXX NOBILTÀ DI DAiSTE. si vergognasse dell'essere i Frangipani stati ligi al Ponte- fice forse più che al novello Ghibellino non paresse onore- vole: ma forse e' tacque de' suoi antichi per non ne sapere gran cosa (e chi sa se sapesse che un ramo di questi Fran- gipani, e forse il ceppo, era slavo, e avevano dominio sulle coste di Dalmazia?); forse ne tacque per modestia, come quando de' ragionamenti tenuti co' quattro poeti nel limbo, dice con modo simile ch'essi andavano |)arlando di cose che è bello tacere. I\Ia s'altri pur volesse riconoscere un Dante erede dei Frangipani, potrebbe del suo silenzio trovar ra- gione non tanto negli aiuti da quella famiglia prestati alla romana corte, quanto nel tradimento da uno dei Frangi- pani tramato al misero Corradino: il quale arrivato alla spiaggia di Roma in una terra di costoro, quando con una saettiti navigava verso Sicilia, un di cotesti Frangipani, « veggendo (dice il Villani) ch'erano in gran parto" Tede- schi, belli uomini e di gentile aspetto, e sappiendo della sconfitta, s'avvisò di guadagnare ^ d'esser ricco: e però i detti signori prese, e, saputo del loro esj^ere, e come era tra quelli Corradino, sì li menò al re Carlo prigioni: per gli quali lo re gli donò terra e signoraggio alla Filosa tra Napoli e Benevento. » Dante, nemico d'ogni avara perfidia e d'of>ui vii tradimento, dell'appartenere ai Frangipani non si poteva al certo dar vanto; e forse per questo ne tacque. Ma a Corradino lo stranir^rc accento fu morte, come ai nemici suoi poscia: e fu senijiv" ì più funesta a chi la prof- ferì, che a chi l'ascoltò, la voce de' cercanti in Italia deto- stato imperio o vituperosa rapina.